On the road: la via Emilia



Luigi Ghirri, Esplorazioni sulla via Emilia

Autore: Giacomo Bassmaji

La Statale 9, conosciuta comunemente come via Emilia è stata spesso la protagonista della storia antica e recente del Italia. Fin dalla sua fondazione in epoca romana ha rappresentato un passaggio obbligato tra l’Europa continentale e l’Italia mediterranea.

Durante la Seconda Guerra Mondiale a poca distanza sorgeva la linea Gotica, quella linea sottile che divideva l’offensiva delle truppe tedesche dall’esercito degli alleati. Ma la via Emilia è anche stata spesso teatro di operazioni artistiche e culturali, per il fotografo Luigi Ghirri, fu un vero e proprio palcoscenico, la sua serie “Esplorazione sulla via Emilia” fu un grande successo che ancor oggi, nonostante siano passati oltre trent’anni dalla prima mostra, desta ancora interesse.

Nell’epoca contemporanea la Statale 9 ha assunto il ruolo indiscusso di maggior arteria di collegamento tra Nord e Sud Italia, insieme all’autostrada A1 e alle linee ferroviarie ad alta velocità.

L’Emilia Romagna viene tagliata da est a ovest dal tracciato che parte da Rimini e arriva fino a Piacenza, a nord la pianura padana e a sud la catena appenninica tosco emiliana. Una delle regioni più industrializzate e, insieme alla Lombardia, anche una delle più inquinate. Infatti gli scarichi industriali, le automobili e gli allevamenti intensivi sono i principali responsabili della scarsa qualità dell’aria che gli emiliani romagnoli respirano quotidianamente.

Ma mettiamo il caso che le auto si debbano fermare, le persone siano costrette a rimanere a casa, il lavoro, ove possibile, possa proseguire grazie allo smart working, le industrie siano obbligate a rispettare un periodo di blocco forzato, spegnendo i macchinari e così riducendo le emissioni nell’atmosfera di fumi nocivi. Succede che il cielo magicamente da grigio torna a risplendere di un celeste intenso, i prati vengono invasi da fiori, l’aria torna ad essere leggera e respirabile.

Questo scenario poteva risuonare utopico fino al 29 febbraio 2020, ma a causa della pandemia, in pochi giorni si è trasformato in realtà. Questo periodo verrà sì ricordato in modo negativo per aver portato sofferenza a tante persone che, a causa del coronavirus, hanno perso i loro cari, il lavoro o semplicemente le abitudini quotidiane, ma sicuramente dovrà far riflettere tutti.

Se guardiamo i dati, in Emilia Romagna, le PM 10 a Bologna, all’inizio dell’emergenza e quindi all’estensione della zona rossa in tutta Italia, erano pari a 50 µg/m3, un dato al limite della tolleranza, dopo solo alcuni giorni erano diminuite più della metà: 19 µg/m3. Con il passare del tempo, i dati riguardanti le PM 10 sono scese sensibilmente arrivando a 8, 9 µg/m3  a fine Aprile (dati ARPAE).  

Nel contesto che ci stiamo apprestando a vivere, grazie a numerose segnalazioni, sta emergendo la necessità di studiare le possibili connessioni tra esposizione a PM e epidemia di Covid-19.

La comunità scientifica si sta interrogando e ha avviato una ricerca intitolata Pulvirus per studiare le conseguenza del lockdown sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra e le interazioni fra polveri sottili e virus.

Da pochi giorni abbiamo superato il periodo nevralgico d’emergenza, siamo giunti alla fase 2. Le industrie hanno riaperto e con loro i fumi sono ripartiti, il lavoro da casa pian piano sta per essere abbandonato e così nuovamente migliaia di automobili si stanno per riversare sulle strade delle nostre città. I dati non sono incoraggianti, le PM 10 hanno iniziato nuovamente a risalire fino a 22 µg/m3 (dato del 6 maggio). Guardiamo indietro, pensiamo a ciò che questo periodo di blocco ha prodotto: la natura è tornata a splendere, il cielo di nuovo limpido e l’aria sicuramente più respirabile e allora perché non impegnarsi per salvaguardare tutto ciò. Impariamo a sfruttare appieno la tecnologia e la sua capacità di ridurre le distanze, permettendo a molti di lavorare in remoto.

Approfittiamo di ciò che siamo stati costretti a vivere. Acceleriamo il processo di trasformazione per portare il Mondo ad uno sviluppo sostenibile seguendo i 17 punti che l’Onu ha inserito nell’Agenda 2030. In particolare trasformiamo le città e le comunità, modifichiamo le nostre abitudini con l’obiettivo di ridurre gli sprechi e diminuire le fonti di inquinamento.

In pochi giorni, la via Emilia, da arteria stradale fondamentale per il traffico veicolare, è ritornata indietro nel tempo, quando le automobili non esistevano e quel tracciato era dedicato alla mobilità lenta. La strada si è trasformata in una larga pista ciclabile dove le biciclette, i monopattini e i pedoni si sono riappropriati dello spazio urbano che automobili e camion avevano, fino a pochi giorni prima, sottratto. 

Per dare un futuro alla vita ogni singolo deve fare la sua parte, come sostiene Michelangelo Pistoletto 1 + 1 = 3, l’impegno di un singolo sommato a quello di un’altra persona fa molto più di una somma matematica, da valore al futuro di tutti.

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