Una mostra che unisce scienza, arte, tecnologia e il tema dello sviluppo sostenibile, anche attraverso un allestimento simbolico: le opere sono presentate in forma del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto.
Articolo di: Viviana Vergerio Guerra, curatrice della mostra
La mostra Art & Science. Visions on cellular morphogenesis, è un ambizioso progetto nato con l’intento di fare conoscere, attraverso l’arte, gli orizzonti della ricerca neuroscientifica e per accrescere la sensibilità intorno ad argomenti, quali le malattie neurodegenerative e i processi legati all’invecchiamento, che riguardano tutti noi molto da vicino. Un’idea sviluppata dall’artista Claudia Cantoni in collaborazione con la scienziata Ester Piovesana, entrambe affascinate dalla bellezza astratta esercitata da entità cellulari analizzate al microscopio, manifestazioni di gravi patologie, e legate dalla comune attitudine di operare in maniera partecipata confrontandosi con esperienze diverse. L’arte e la scienza diventano un tutt’uno, due realtà valorizzate attraverso una coraggiosa sperimentazione artistica, che unisce immagini di cellule cerebrali ottenute nelle ricerche in laboratorio da Ester Piovesana, con quelle surreali, realizzate da Claudia Cantoni, con lo scopo di comunicare come alcuni grandi traguardi relativi il futuro e il benessere dell’uomo giungono dalla tecnologia. Le immagini che derivano dall’osservazione di cellule neuronali e della loro mutazione dovuta all’interazione con speciali sostanze coloranti usate nella ricerca microbiologica, vengono inglobate nel lavoro artistico da Claudia Cantoni, secondo un approccio che vuole fare leva sulla percezione visiva. La fase intermedia del processo, è quella digitale, per ogni opera è stato creato un video che mostra il procedimento creativo consentendo all’osservatore di essere totalmente immerso in ogni fase processuale, favorendo una comprensione e un coinvolgimento globale che trova riscontro visivo ed emotivo nei dipinti eseguiti manualmente su tela dall’artista. Il reperto scientifico scelto rappresenta una fondamentale fase embrionale di un processo interattivo, un tassello che diviene parte di un tutto, o meglio una parte che contiene già un tutto, colto e sviluppato dall’artista attraverso la propria immaginazione. L’artista crea nuovi mondi fantastici, scenari naturali differenti, come fondali marini e panorami montuosi, restituendo anche gli stati mentali che insorgono tra la veglia e il sogno. Centrale per l’artista è la natura, per lei preziosa fonte di ispirazione che nell’opera si manifesta in tutti i suoi aspetti, sia nella dimensione nobile e maestosa che in quella minacciosa e inquietante, unendo il particolare con il generale, il micro con il macrocosmo, il tangibile e l’intangibile. Un modo di agire, strettamente legato ai nuclei narrativi iniziali, generatori di nuove e più grandi storie
La mostra è un’installazione composta da diciotto dipinti realizzati con la tecnica mista di acrilico e olio e fotografie stampate su tela e da ventidue dipinti digitali impressi su vetro acrilico presentati secondo un allestimento che trae ispirazione dai tre cerchi consecutivi del Terzo Paradiso, l’opera di Michelangelo Pistoletto, che rappresenta la fase dell’umanità in equilibrio tra natura e artificio, auspicabile per la civiltà planetaria e la propria sopravvivenza che è divenuta ormai un riferimento importante utilizzato in molti ambiti, tra cui quello scientifico. Per questo motivo, lo scorso 25 marzo, nel parco della Villa Saroli a Lugano, si è celebrato il Rebirth Day unendosi all’annuncio di Pistoletto dello scorso 22 dicembre 2022. Nell’occasione, come già avvenuto in altri luoghi, si è formato un cordone umano a sostegno di un nuovo sentiero della rinascita, in difesa dell’umanità e del pianeta. Questa unione partecipativa di più persone intorno ad un tema di assoluta importanza, come quello della responsabilità sociale e ambientale, è un segno tangibile di come l’arte possa esprimere la sua forza su più fronti e mettere d’accordo persone con storie e profili professionali eterogenei. I proventi delle opere e del catalogo venduti saranno devoluti alla ricerca scientifica.
Info:
L’esposizione, presso le sedi di Villa Saroli e della Limonaia in Via Stefano Franscini, 9 a Lugano, rimarrà aperta fino il 13 aprile 2023. Dalle 10.00 alle 18.00.
Il flash mob collettivo all’insegna dell’inclusività e dell’integrazione è andato in scena dal 21 marzo 2023: un’unica iniziativa in tutto il mondo, che ha previsto l’unione simbolica di persone da ogni parte del Pianeta attraverso una catena umana. Tutti, mano nella mano, come tante righe su una sola mappa, in un’unica linea virtuale intorno alla Terra. Un progetto performativo che ha preso forma a partire dall’appello lanciato il 21 dicembre 2022 da Michelangelo Pistoletto: il maestro biellese, in un’inedita chiamata all’azione, aveva chiesto “una partecipazione globale contro tutte le mostruosità create dall’uomo. Tutte, nessuna esclusa”. (/journal.cittadellarte.it)
Tutti i video sono poi stati raggruppati e geolocalizzati sul sito ufficiale dell’iniziativa http://www.21march23.net
Sentiro Rebirth / CUSAGO (Mi)
Nidoscuola Leonardo Da Vinci
Sentiero Rebirth / VIGEVANO (Pv)
Scuola Primaria Anna Botto
Scuola dell’Infanzia L’ Aquilone
Scuola dell’Infanzia C.Corsico
Scuola Primaria E. De Amicis
Sentiero Rebirth / SEDRIANO (Mi)
Scuola secondaria di I grado L. Pirandello di Sedriano (Mi) e Bernate Ticino (Mi)
Pedaliamo per la Pace e per promuovere la mobilità sostenibile contro il cambiamento climatico
Sentiero Rebirth / REGGIO EMILIA
Sentiero Rebirth / LUGANO
Villa Saroli, Lugano
Realizzata insieme agli organizzatori, artisti e visitatori della mostra “Art&Science – Visions on cellular morphogenesis” di Claudia Cantoni, Ester Piovesana a cura di Viviana Vergerio Guerra. L’ Arte come motore di giustizia, pace e benessere tra le persone e i popoli. Villa Saroli , Lugano
L’ armamentario femminile rinascimentale nell’immaginario dell’arte contemporanea
cura di Fortunato D’Amico
Seconda scuderia – Castello Visconteo-Sforzesco di Vigevano (Pv)
1-16 aprile 2023
opening 1 aprile 16.00 – 18.00
La Seconda scuderia del Castello Visconteo- Sforzesco di Vigevano ospita la mostra ARMA MULIERIS di Martina Fontana, curata da Fortunato D’Amico. Ospite d’eccezione l’artista Daniela Pellegrini.
La mostra, divisa in tre sezioni, si sviluppa lungo un percorso animato da immagini e sculture il cui obiettivo è restituire forme di evoluzione e percezione corporea dove il femmineo diventa il paradigma in cui lo spettatore attento potrà cogliere, tra i dettagli e le suggestioni proposte, alcune aspetti della propria personalità.
Le forgiature plastiche multi materiche e le iconografie esposte, evocano oggetti appartenuti ad una presunta epopea rinascimentale. La loro presenza è la testimonianza di un racconto mitico rielaborato dall’immaginario collettivo presente nel patrimonio archetipo universale. Strumenti di difesa proposti come specchio su cui individuare e decodificare il ricordo delle proprie cicatrici.
Gli stendardi che attraversano l’armeria centrale rimandano alla ritrattistica rinascimentale, mentre le armature si mostrano nella loro concreta brutalità di strumenti di costrizione appesi ed esibiti come trofei. Il lavoro dell’artista guarda alla natura e ai suoi fenomeni e sollecita uno scambio simbiotico e di contaminazione che sotto l’aspetto simbolico evoca tutte le donne presenti alla corte (Reginae) di Ludovico il Moro.
Crisalidi di dimensione umana conducono il visitatore verso una dimensione immersiva e di comunione con la natura, in cui ogni individuo è chiamato a fare la sua parte.
Gli Esercizi di disarmo proposti da Daniela Pellegrini, completano la visione generale del tema proposto dai Arma Mulieris. L’opera è un eserciziario di scrittura collettiva femminile che amplia e implementa di altri significati il contenuto della mostra.
Da giovedì 23 marzo a domenica 4 giugno Palazzo reale presenta “La Pace Preventiva”, una mostra – installazione di Michelangelo Pistoletto pensata appositamente per la suggestiva Sala delle Cariatidi.
Promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale, Cittadellarte – Fondazione Pistoletto in collaborazione con Skira, la mostra è curata da Fortunato D’Amico ed è parte di Milano Art Week (11-16 aprile 2023), la manifestazione diffusa coordinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano, in collaborazione con miart, che mette in rete le principali istituzioni pubbliche e le fondazioni private della città che si occupano di arte moderna e contemporanea, con una programmazione dedicata di mostre e attività.
Progettata per estendersi con un movimento ondulatorio sull’intera superficie dello spazio espositivo, l’installazione immerge il visitatore in un ambiente fluido che assume la caratteristica di un labirinto, all’interno del quale si aprono degli spazi che accolgono alcuni tra i più emblematici lavori realizzati da Michelangelo Pistoletto nel percorso della sua attività.
“La Pace Preventiva” non è solo l’esposizione di una serie di opere prodotte in momenti temporali diversi, ma è anche una traccia dell’itinerario di consapevolezza che ha gradualmente consentito all’artista di concepire “l’arte al centro di una trasformazione responsabile della società” espressione che costituisce la mission della sua fondazione, Cittadellarte, attiva come scuola a Biella dagli anni ‘90. Un cambiamento possibile, secondo Michelangelo Pistoletto, solo attraverso una reale pratica della democrazia che coinvolga i cittadini e le loro organizzazioni nei processi di trasformazione sociale responsabile.
Il labirinto è uno dei più antichi archetipi del viaggio e della trasformazione personale. La sua presenza è diffusa nei cinque continenti. Un simbolo ricco di significati criptici dalle molte sfaccettature e interpretazioni, tutte giustificate e coerenti, variabili secondo le epoche e le culture. L’arte lo ha adottato da millenni, dalla preistoria ai giorni nostri.
Michelangelo Pistoletto già nel 1969, progetta il suo primo Labirinto presso il Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam. All’interno dell’installazione tre membri de Lo Zoo, gruppo artistico multidisciplinare fondato dallo stesso Michelangelo Pistoletto l’anno precedente, svolgono azioni performative suonando dei lunghi megafoni utilizzati come fossero trombe. Negli anni seguenti il Labirinto verrà riproposto in occasione di altre mostre, ogni volta adattato all’ambiente che lo ospita.”Il labirinto è un luogo fortemente simbolico. La leggenda del Minotauro sta a indicare il mostro che vive dentro di noi e la possibilità che tutti noi, in un certo momento delle nostre vite private della nostra vita collettiva, saremo costretti ad affrontare noi stessi. Il mio labirinto è fatto di cartone corrugato, un materiale flessibile che gli permette di assumere qualsiasi forma e di adattarsi a qualsiasi spazio. In un certo senso è come lo specchio che accoglie qualsiasi immagine. Si presenta come un elemento fisico che è allo stesso tempo fortemente legato all’immaginazione.” (M. Pistoletto, intervista con G. Celant in Michelangelo Pistoletto. The Mirror of Judgement, catalogo della mostra, Serpentine Gallery, London, 2011).
A Palazzo Reale il visitatore sarà chiamato a compiere un percorso sinuoso e solo apparentemente disorientante, camminando all’interno del Labirinto. In questo “laborioso marchingegno dell’arte” ad ogni bivio del percorso dovrà necessariamente scegliere il tragitto da effettuare per raggiungere le altre opere in esposizione, soffermarsi davanti a esse e riflettere sulla loro esistenza. All’uscita dall’installazione porterà con sé il ricordo di un’esperienza ricca di contenuti immaginifici e di informazioni pratiche, ma anche la consapevolezza di avere completato un esercizio tangibile, efficace per riflettere sulle modalità per uscire dal labirinto della nostra epoca e instaurare La Pace Preventiva.
La Sala delle Cariatidi accoglie la voce di Cittadellarte attraverso i QR codes che attivano video testimonianze di tutte le attività di questa scuola di interazione tra l’arte e i diversi settori della società, dall’educazione all’alimentazione, dall’architettura alla moda, dalla spiritualità alla politica.
La mostra si estende con tre installazioni nei Musei scientifici del Comune di Milano, Museo di Storia Naturale, Planetario e Acquario Civico, che ospiteranno una serie di incontri di approfondimento nei mesi di apertura della mostra stessa. La Pace diventa così il fil il rouge di un piano culturale svolto all’interno del labirinto sociale, che aiuta a evitare le incertezze davanti al bivio delle decisioni e imboccare la strada dell’armonia invece di quella che porta sulla via del contrasto e della conflittualità.
La mostra di Michelangelo Pistoletto è anche un duplice omaggio a Pablo Picasso.
Settant’anni fa, nel 1953, proprio nella Sala delle Cariatidi ancora gravata dai segni del conflitto bellico provocati della seconda guerra mondiale, Pablo Picasso esponeva uno dei suoi più importanti e significativi lavori pittorici: Guernica. Osservando con lo sguardo attento la grande tela il pubblico poteva immaginare di sentire le urla devastanti delle vittime del bombardamento terroristico compiuto sulla cittadina basca di Guernica e vedere insieme ai corpi dilaniati dalle armi, emergere la testa del Minotauro, il mostro che domina la scena del labirinto.
Per creare l’immagine-logo de La Pace Preventiva inoltre, Pistoletto assume il disegno di Manish Paul, alunno della Scuola Secondaria di Vinci che ha sostituito il ramoscello di olivo della colomba di Picasso con il segno del Terzo Paradiso, aggiudicandosi il premio “Educare alla pace: Leonardo, Picasso, Pistoletto” nell’anno scolastico 2014-2015.
Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Nel 1962 realizza i Quadri specchianti, con i quali raggiunge in breve riconoscimento internazionale. È considerato uno dei precursori e protagonisti dell’Arte Povera con i suoi Oggetti in meno (1965-1966) e la Venere degli stracci (1967). A partire dal 1967 realizza, fuori dai tradizionali spazi espositivi, azioni che costituiscono le prime manifestazioni di quella “collaborazione creativa” che svilupperà nel corso dei decenni successivi, mettendo in relazione artisti provenienti da diverse discipline e settori sempre più ampi della società. Negli anni Novanta fonda Cittadellarte a Biella, ponendo l’arte in relazione con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Ha ricevuto innumerevoli premi internazionali, tra cui nel 2003 il Leone d’oro alla carriera della Biennale di Venezia e nel 2007 il Wolf Foundation Prize in Arts “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d’arte premonitrici che contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo”. Nel 2013 il Museo del Louvre di Parigi ospita la sua mostra personale Michelangelo Pistoletto, Année un – le paradis sur terre. In questo stesso anno riceve a Tokyo il Praemium Imperiale per la pittura. Nel2022 esce il suo ultimo libro La Formula della Creazione edito da Cittadellarte Edizioni. Sue opere sono presenti nei maggiori musei d’arte contemporanea.
Sito ufficiale: www.pistoletto.it
Michelangelo Pistoletto “La Pace Preventiva”
Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi, Milano
apertura al pubblico dal 23 marzo al 4 giugno 2023
conferenza stampa mercoledì 22 marzo, ore 11.00 – Sala Conferenze
inaugurazione 22 marzo ore 18.30 (su invito)
Orari
Palazzo Reale
da martedì a domenica ore 10.00 – 19.30
giovedì ore 10.00 – 22.30
ultimo ingresso un’ora prima della chiusura della mostra
Biglietti intero € 8 ridotto € 6 ragazzi dai 6 ai 26 anni e over 65 anni gratuito fino a 5 anni
L’UNIVERSO FEMMINEO NELLA CULTURAALL’ EPOCA DI LUDOVICO IL MORO E NELL’ERA DIGITALE
TONY HASSLER e SILVIA RASTELLI
A CURA DI FORTUNATO D’AMICO
Inaugurazione 18 febbraio 2023 ore 16.00
Strada Sotterranea del Castello di Vigevano
18 FEBBRAIO – 5 MARZO 2023
A 570 anni dalla nascita di Ludovico Sforza detto il Moro, Duca di Milano, un personaggio chiave nella storia del Rinascimento italiano e lombardo, due artisti, TONY HASSLER e SILVIA RASTELLI, allestiscono con le loro opere la mostra “Entromura. L’universo femmineo nella cultura, all’ epoca di Ludovico il Moro e nell’era digitale” all’interno degli spazi della Strada Sotterranea del Castello di Vigevano.
L’evento, curato da Fortunato D’Amico, è un momento di riflessione storica sulle modalità di rappresentazione iconografica, sui flussi culturali tra passato e presente e sulle vicende umane.
Grazie ai celebri profili della cortigiana Cecilia Gallerani, della sposa Beatrice d’Este, dell’amante Lucrezia Crivelli e delle altre donne, non solo quelle presenti alla corte di Ludovico il Moro, l’arte della pittura offre uno spaccato della vita rinascimentale e invita noi contemporanei a confrontarla con le abitudini, i modelli di narrazione e di comunicazione del terzo millennio.
La mostra non vuol essere un manifesto politico, ma un omaggio all’essere donna, all’identità del femmineo, nelle sue vecchie e nuove accezioni.
Il Rinascimento segna uno dei primi importanti passi verso l’emancipazione della figura femminile e dell’universo femmineo, che come tutti sappiamo rimane ancora oggi un’argomento di grande attualità. Cosa significa essere donna?
“Entromura” è un dialogo tra generazioni e sessi differenti, espresso in un variopinto linguaggio multimediale tra danza, pittura, fotografia e tanto altro. La collaborazione tra i due artisti, il fotografo Tony Hassler e la pittrice e performer Silvia Rastelli, promuove un indagine comparativa sull’universo femmineo, mettendo in parallelo le loro opere fotografiche e pittoriche con i ritratti realizzati dai pittori rinascimentali, al fine di scoprire le differenze e le analogie con il presente.
Il paragone tra fenomeni attinenti, appartenenti a zone spaziali o temporali distinte e distanti tra loro, è parte del metodo scientifico. Consente l’interpretazione la comprensione dei contesti e delle predisposizioni culturali del passato e ci rende consapevoli di ciò che di essi è giunto sino ai giorni nostri, ma anche di come questo patrimonio conoscitivo venga elaborato e re-interpretato quotidianamente.
Il visitatore avrà così modo di raffrontare i linguaggi utilizzati dall’arte di ieri e di oggi attraverso i suoi strumenti di rappresentazione per raccontare la mutevolezza della vita, esaminata scrutando i dettagli delle acconciature, i tessuti, i profili di quei personaggi immortalati dagli artisti che raccontano la mascolinità, la femminilità, i pregi e le virtù delle vezzosità umane.
Tony Hassler
È nato a Milano nel 1962 e fin dai primi anni di vita ha cercato di trasformare i suoi interessi e le sue passioni – estetica, arte e comunicazione – in opportunità professionali.
La passione per la fotografia nasce da adolescente, nel 1980 il suo primo reportage fotografico sul terremoto in Irpinia, pochi mesi dopo il primo viaggio in India. Da allora è diventato un instancabile scopritore e l’entusiasmo e la curiosità di esplorare non lo hanno mai abbandonato; nei suoi scatti trasmette emozioni dinamiche, frutto della ricerca del gusto della vita a un’altra velocità.
I suoi lavori, pubblicati in numerose riviste, raccontano le storie delle terre e delle persone del mondo.
Prima di diventare professionista, ha esplorato carriere alternative che gli hanno permesso di cogliere prospettive insolite e di avvicinarsi ai suoi soggetti con un’innata empatia, frutto di una filosofia vissuta ancor prima che pensata.
Ha praticato sport estremi e coltivato la passione per l’arte, il design e la musica jazz, fondendo i suoi stimoli in elementi fotografici che non hanno mai ceduto al disincanto di un professionista.
Etichettarlo come “fotografo” è un eufemismo: spirito libero dall’anima cosmopolita, Tony ha saputo coniugare il gusto della scoperta con uno stile prettamente metropolitano.
Si dedica anche all’insegnamento per la diffusione del linguaggio fotografico. Durante le lezioni e le discussioni, riesce a trarre spunti creativi inediti dal rapporto con i suoi studenti e con il pubblico. Alla costante ricerca di nuovi stimoli, Tony non ha trascurato le tecniche di post-produzione, realizzando proficue collaborazioni con colleghi professionisti e con artisti visivi, che hanno creato opere d’arte sulla base dei suoi scatti.
Quest’arte che genera arte è, forse, la sua più grande soddisfazione!
Le collaborazioni includono:
Rizzoli, Mondadori, Universo Cairo, De Agostini, Condè Nast, Repubblica, Style, Maxim, Corriere Della Sera, Gulliver, Dove, Specchio, Anna, Tutto, Marie Claire, Gentleman, Club 3, Io Donna, Tutto, Newton, Fox, GQ, Alp, V&S, Red Bull, Airone, Il Sole 24 Ore, Grazia.
Ritratti:
Antonio Albanese, Giandomenico Basso, Heinz Beck, Ross Brawn, Ferdinando Caraceni, Alessandro Cattelan, Massimo Coppola, Carlo Cracco, Cesare Cremonini, Antonio Di Natale, Shirin Ebadi, Giovanni Gastel, Michele Giuttari, Enus Mariani, Manfred Moelgg, Davide Oldani, Miloud Oukili, Mattia Poggi, DJ Ringo, Sergio Rubini, Giuliano Sangiorgi, Nadia Santini, Dejan Stankovic, Thierri Stern, Romano Tamani, Giovanni Veronesi.
Silvia Rastelli
È nata nel 1983 a Piacenza. Nel 2002 inizia a studiare con il maestro Gianni Zari (già ballerino e coreografo al Teatro La Scala di Milano) con il quale lavora per svariati anni danzando nel ruolo di solista.
Crea, nel 2003, le scenografie dell’operetta “No No Nanette” di Corrado Abbati al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia. Ancora giovanissima partecipa alla collettiva
“Laboratorio Brera” nel Castello di Monticelli d’Ongina e allestisce una mostra personale nel Castello di Zavattarello (Pavia). Inizia in questi anni un’intensa attività espositiva.
Nel 2007 si la laurea in Pittura col massimo dei voti. 2008: recita nel cortometraggio “L’Astronauta” diretto da Maurizio Losi prodotto da Exen Media. Nel 2009, si laurea con la lode nel biennio di “Arti Visive”all’Accademia di Brera di Milano.
Prosegue l’attività espositiva e quella performativa. Da ricordare, nel 2010 la mostra nella galleria “Rivoli 59” di Parigi (Francia), nella galleria Laboratorio delle Arti in “Arte per Loro” (Piacenza), nella personale “Beauty Demands Protection” presso la Art Hall Gallery a Kiev (Ucraina), alla Biennale Art-Brescia 2011 [catalogo “Art-Brescia 2011”] e infine a Milano in “Arte per Loro” alla Gal-leria della Fondazione D’Ars. Nel 2012 è presente ad Arte Accessibile Milano e al Fuori Salone del Mobile nello Spazio Bossi Clerici di Milano e con una mostra personale a Venezia, in concomitanza con La Biennale di Architettura.
All’ Ex-Ansaldo di Milano, partecipa con una mostra e una performance ad “Itacalive”, curata da Silvia Fabbri. Nel 2013 la mostra personale “Luna Rossa” nelle Raccolte Frugone dei Musei di Nervi e Genova curata da Fortunato D’Amico e Maria Flora Giubilei. Nel 2016 inaugura “Anima”, anteprima della mostra personale nella galleria Civico8 di Vigevano. Danza in “Punti di Vista” di E. Rossetti al Teatro Trieste34 di Piacenza. Silvia coreografa e danza nell’Opera Macbeth al Teatro Municipale di Piacenza; lavora come mima in Madama Butterfly al Teatro Municipale di Piacenza e al Teatro Comunale Pavarotti di Modena e come performer in Un Ballo In Maschera al Teatro Municipale di Piacenza e al Teatro Comunale di Ferrara. Per il Teatro Trieste34 di Silvia danza una propria coreografia nel video Fantacity di Andrea Felice a Roma e dal vivo alla galleria Nemo di Torino e l’assolo “Bambola”, in prima serata in apertura a Quarto Grado su Rete Quattro. 2017: espone e danza tra le sue opere ed una di suo padre ne “L’olio d’artista” al Palazzo delle Stelline di Milano. Danza ne “Ces petits actes qui nous engagent”, una collaborazione tra la compagnia francese Ilimitrof e l’Ensemble Lodi Teatro. A Torino alla Galleria Old-American Design and Art, inaugura la personale “Essere Ritratto” cura-ta dal critico d’arte Francesco Poli.
Nel 2018, sponsorizzata da Che Banca! inaugura due mostre personali nelle filiali di Torino e Busto Arsizio e due personali nella Art Gallery Museum di Piacenza e a La Pedrera Art di Soncino, e una bipersonale “Rastelli” con il padre Giorgio Rastelli, al castello di Zavattarello (PV).
Silvia danza e coreografa l’assolo “Come una Bambola” a Quarto Grado su Rete Quattro, e danza due sue coreografie in “Debussy a Quattro Mani” alla Sala Dei Teatini di Piacenza. Nel 2019 espone 5 opere museali nella collezione del BAG-Bocconi Art Gallery di Milano. Nel 2020 partecipa ad ApArt Fair, nello stand della Casa Museo De Angelis, Padiglione delle Belle Arti di Torino.
Nel 2021 nella strada Sotterranea del Castello, inaugura Human Generation, una mostra bipersonale con il padre Giorgio Rastelli in omaggio a Dante Alighieri. Espone con 7 opere nella Biennale Florence Eternal Feminine.
MyOwnGallery di SuperstudioPiù, in via Tortona a Milano ospita dal 17 al 27 novembre 2022, con la curatela di Fortunato D’Amico, la prima personale milanese di Aldo Pallanza, dal titolo “Al femminile”.
Cercasi Principe Azzurro. Dopo aver calzato una scarpetta, perfettamente adatta a modellare il suo grazioso piedino, la giovane, ragazza quotidianamente impegnata a lavorare come donna delle pulizie nella casa della matrigna e delle sorellastre, venne scelta dal Principe Azzurro in qualità di sua consorte e futura Regina del regno. Cenerentola è certamente la favola che meglio esprime la particolare valenza che questo accessorio del vestiario assume nella cultura femminile sul piano simbolico e su quello psicologico di chi la indossa. Certamente Aldo Pallanza conosceva così bene l’universo femminile al punto tale da diventare uno dei più richiesti e affermati designer della calzatura rivolta alle donne. Aldo Pallanza avrebbe compiuto 100 anni nel 2022. Rivedendo e rileggendo criticamente i modelli di scarpe femminili da lui progettati nel corso della lunga carriera di modellista, i primi realizzati da giovanissimo intorno alla metà degli anni trenta del secolo scorso, si rimane meravigliati dall’attualità con cui questi oggetti, si presentano ancora oggi agli occhi di noi contemporanei. Cosa sarebbe la moda senza designer geniali, come si usa adesso per definire i modellisti di una volta, capaci di elaborare soluzioni empatiche al sentire delle donne del proprio tempo? Aldo Pallanza non era solo un disegnatore di stile ma un tecnico completo, chiamato a sviluppare il progetto di industrializzazione del prodotto in tutta la sua filiera, anche quella di programmatore dei macchinari e delle attività lavorative. Insomma, era un vero designer a disposizione dell’industria dell’abbigliamento femminile con il compito di trasformare la scarpa in un accessorio prezioso e fondamentale nello stile di una donna. Il potere attrattivo delle scarpe è fortemente evidente, anche in altre opere di artisti contemporanei come Vanessa Beecroft che fotografa e performa con modelle nude o vestite di pochi ornamenti tra cui quasi sempre sono protagoniste. Aldo Pallanza, quando progetta i sui capolavori, sa che ogni donna vuole sentirsi unica, diversa dalle altre, sensuale, intelligente. Le sue scarpe, prodotte da diverse aziende nazionali e internazionali, sono state vendute in milioni di esemplari in tutto il mondo, hanno certamente influenzato la cultura, le posture, l’immaginario femminile per diversi decenni. Un inventore di moda che ha lasciato un’impronta estetica influenzando gli stili di vita e i prodotti di altri settori produttivi, dai tessuti, alle tappezzerie, ad altri capi di abbigliamento. La sua creatività era sempre ispirata, al punto da inventare, oltre ai modelli di calzatura, tessuti e simil-pellami utilizzati per il loro ornamento, elaborati in modo originale, ottenuti da un’attenta e particolare lavorazione dei materiali. La conoscenza tecnica acquisita nell’esercizio dell’attività professionale si riverserà in quella di artista, completamente connesso con l’universo femminile da cui estrapola l’anima del sentire e dell’emozione. L’intenzione pittorica trasborda spesso dalla tela per diventare scultorea o elemento tattile in cui il disegno, oggetto di trattamenti particolari, emerge in rilievo, in funzione dei supporti utilizzati, quasi mai ortodossi rispetto a quelli in uso nella pittura tradizionale. Figurativismo e astrattismo sono sempre presenti nelle sue opere e anche la funzione decorativa dell’immagine trova gli equilibri armonici da cui attingere gli elementi di un linguaggio rivolto alla donna. Le sue figure femminili sono, al passo con i cambiamenti culturali in atto nel mondo contemporaneo, sensibili ad una lettura sulla condizione della donna e del suo ruolo nella società moderna, periodicamente segnalata lungo il percorso che negli anni accompagna l’evoluzione politica e giuridica dei popoli. Così nelle sue rappresentazioni, i corpi, le posture e le facce dei soggetti raffigurati portano i segni della diversità culturale e dei fattori geografici di appartenenza. Una emancipazione femminile lenta e quasi sempre silenziosa che ha reso possibile in questi ultimi decenni la nascita di una nuova consapevolezza, sia maschile che femminile, che ha portato alcune radicali trasformazioni. Potrà sembrare strano, ma è realistico affermare, come hanno scritto eminenti antropologi e sociologi, che a queste dinamiche di riforma hanno contribuito tante componenti, tra cui anche quelle rivendicazioni agitate dall’universo che gravita intorno al sistema della moda. Dobbiamo così riconoscere anche ad Aldo Pallanza il merito di avere portato il suo piccolo contributo al progresso culturale di cui tutti stiamo testimoni.
“Noi architetti abbiamo un’occasione unica per proporre idee ambiziose e creative che ci aiutino a immaginare un più equo e ottimistico futuro in comune”.
Lesley Lokko curatrice della Biennale Architettura 2023
Ne discuteremo con:
Arch. Giacomo Bassmaji, Art director Cairepro
Dott. Giovanni Umberto De Vito, Ambasciatore Italiano in Senegal
Arch. Nello Tafuro, Presidente Cairepro
Prof. Mario Zamponi, Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Università di Bologna
Prof. Alfredo Ronchetta, già Ordinario Politecnico di Torino
Prof. Romeo Farinella, Ordinario di Progettazione Urbanistica, Università di Ferrara
Dott. Alessio Salvadori Pannini, Cooperatore in Africa
Il convegno Laboratorio Africa organizzato da Cairepro in occasione dei 75 anni di storia della Cooperativa Architetti e Ingegneri di Progettazionesi svolgerà venerdì 28 ottobre alle ore 17:30. I Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia ospiteranno l’evento dedicato al continente africano: un’analisi storica, antropologica, urbanistica e architettonica; interverranno sul tema accademici, professionisti, imprenditori, cooperatori e amministratori pubblici.
Interverranno diversi ospiti illustri tra cui: l’Ambasciatore d’Italia in Senegal, Dott. Giovanni Umberto De Vito, che farà un saluto istituzionale; Mario Zamponi Docente del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna che introdurrà il tema dal punto di vista storico sociale; Romeo Farinella, Professore Ordinario di Progettazione Urbanistica dell’Università di Ferrara, che ha sviluppato diversi progetti in collaborazione con la Facoltà di San Luis de Senegal; Alfredo Ronchetta, Senior Professor del Politecnico di Torino che ci parlerà, tre le cose, delle abitazioni tradizionali swahili.
Alessio Salvadori Pannini, Direttore di ENABEL Costa D’Avorio, oltre a Nello Tafuro, Presidente Cairepro, Antonio Armaroli, Vice Presidente Cairepro e Giacomo Bassmaji, art director e architetto. La conferenza sarà moderata da Fortunato D’Amico, architetto e curatore indipendente.
Il Presidente Nello Tafuro dichiara: “Cairepro è attiva da 75 anni nel campo della progettazione di architettura e di ingegneria su tutto il territorio nazionale. Dopo diversi tentativi di operare oltre confine, abbiamo trovato in Senegal un territorio fertile e favorevole e una committenza attenta e collaborativa. La nostra attività in Africa ci vede protagonisti in Senegal e Gambia da circa cinque anni. Con Laboratorio Africa vogliamo ribadire la nostra visione di internazionalizzazione e approfondire le tematiche sul territorio che ci ospita grazie ai contributi che porteranno i nostri ospiti. L’iniziativa sarà l’occasione per parlare dei progetti attivi e dello sviluppo futuro di Cairepro in Africa”.
La serata si concluderà con un aperitivo a buffet offerto a tutti gli ospiti che saranno presenti, un momento conviviale per incontrarsi e condividere le esperienze legate al continente africano e la sua storia. Per gli architetti presenti sono riconosciuti due crediti formativi.
Evento promosso da Cairepro con il patrocinio di Università di Ferrara | Dipartimento di Architettura, ALA Assoarchitetti, Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di Reggio Emilia, Ordine degli Ingegneri di Reggio Emilia, Fondazione E35, Legacoop Emilia Ovest, Pensare Globalmente Agire Localmente.
Il 4 Luglio 2012 venne confermata al pubblico la cosiddetta “Particella di Dio” dal CERN di Ginevra, il suo compito è quello di conferire massa a tutte le altre particelle: l’origine della materia. Fu inizialmente teorizzata da Peter Higgs dal quale prende il nome e la sua scoperta fu un traguardo straordinario. A dieci anni da quel giorni, la Strada Sotterranea al Castello Sforzesco di Vigevano ci invita ad unire la lettura scientifica di quel momento a quella artistica: “Il Bosone di Higgs, tra Arte, Scienza e Trascendenza”
Grazie a Valerio Grassi, uno scienziato di forza al CERN negli anni della scoperta e Cavaliere Dell’Ordine Del Merito Della Repubblica Italiana, e Giuseppe Portella, artista della resina da sempre ispirato dal tema della scienza e dello spazio, ci viene presentata una mostra a cura di Fortunato D’Amico e Chiara Crosti, dove ogni opera d’arte trova una sua applicazione nel mondo e spazio della fisica.
Cerchi concentrici e sfere che ingannano l’occhio danno la possibilità al visitatore di lasciarsi trasportare in mondi che vanno al di là del corpo umano fino a raggiungere la dimensione della “Particella di Dio”.
Come dice l’artista Giuseppe Portella, indagare su questi fenomeni si può fare in molte forme: se il compito dello scienziato e della fisica è di studiare e trovare una verità oggettiva, l’arte lascia più spazio ad una dimensione umana e ad una sua applicazione interiore.
Trascendenza è quello che accomuna le due. Materia e spirito. “Siamo polvere di stelle e parte del Big Bang” ripete spesso Valerio Grassi ed è interessante notare come nei quadri si rispecchia questa unicità e dimensione che va oltre il nostro mondo e ricorda quello particellare.
La mostra si pone come punto di incontro tra le due discipline, “quasi come un esperimento sociale” come menzionato dallo scienziato, dove lo spettatore è portato ad un’indagine interna quando confrontato con la piccolezza e l’immensità di quello che ci compone.
Grazie alla mostra possiamo anche conoscere la biografia di queste due personalità che si occupano di argomenti molto lontani l’uno dall’altra ma che riescono a trovare un punto che le accomuna nella “Particella di Dio”.
INTERVISTA A GIUSEPPE PORTELLA
di Valentina Facchinetti
Come è nata questa collaborazione tra arte e scienza, e come vede questa trascendenza nell’unione tra le due?
A mio parere, scienza e arte non si possono dividere. La scienza deve dare delle risposte di tipo formale e matematico, ma non può dare tutto. Non può dare ciò che invece l’arte può fare. Tuttavia le due cose viaggiano sullo stesso binario.
È un’indagine; un’indagine di cose che non conosciamo. La scienza è chiamata ad approfondire tutto questo e anche l’arte deve fare la sua parte. Deve dare una visione assolutamente immaginifica, filosofica. Senza l’immaginazione, né lo scienziato né l’artista arriverebbero a dare una risposta.
Però queste due risposte possono anche essere coincidenti, perché quando nelle mie opere cerco di realizzare gli atomi, li immagino in senso figurativo. Invece di avere un paesaggio classico vedo un paesaggio spaziale, vedo come siamo dentro; quindi devo immaginarmi gli atomi in un certo modo: che vibrano, che si rincorrono, si uniscono.
E poi vado a vedere un riscontro nelle immagini scientifiche, anche se inizialmente le ho immaginate nella mia testa.
A me la scienza piace perché dà delle risposte che puntano a trovare la verità e trattano fenomeni interessantissimi che non possono non affascinare l’artista. L’arte è chiamata ad occuparsi non solo della bellezza ma tutto di quello che ci circonda e più dello spazio cosa c’è? Noi alla fine cosa siamo? E mi riferisco alla trascendenza, siamo spirito e materia.
Quello che la scienza forse non può andare ad indagare è forse la spiritualità, ma è importante. Noi siamo su due linee, linea verticale, spirito, linea orizzontale, materia. Queste due unioni non possono sovrapporsi.
Io cerco di giocare con le forme sferiche, le mie opere sono molto dedicate allo spazio e alla scienza. Per me non c’è più niente da dipingere: con la fotografia e il digitale che senso ha, a mio parere, dipingere un viso o una persona nel suo aspetto esteriore. A me interessa quello interiore, che è quello spaziale, spirituale. Che è quello che ribadiva Valerio, in una citazione che a me piace molto “Noi siamo figli delle stelle”. Abbiamo dentro la polvere di stelle e qualcuno deve pur raffigurarla.
Una signora mi ha detto “ma è un arte strana, non l’ho mai vista “, io mi sono permesso di dire “è una arte figurativa dello spazio”; perché per me è importante andare a saldare questo ciclo, per questo metto le sfere. Il non inizio e la non fine. Che cosa è il nostro transito terrestre? La non morte e la non nascita, un continuo trasformarsi così come la materia è in continua trasformazione. Il nostro è solo un passaggio che ci porta ad un altro tipo di materia o alla non materia, quello che studiano loro, i fisici, l’antimateria.
Io ho concentrato tutto il mio lavoro negli ultimi 15 anni sullo studio della luce,sono partito dalle terre rare luminescenti; ho avuto la fortuna di testare, per primo in Italia, questo fenomeno. Sono terre che si nutrono di luce sia artificiale che naturale e la rimettono in perpetua al buio. Questo ti insegna che il buio non esiste, quindi quando si parla di buio nello spazio è in realtà il limite dei nostri occhi, quello che non siamo in grado di vedere. Da lì è nata l’esigenza di approfondire con l’utilizzo delle tecnologie cinematografiche sottili, le carte olografiche, che riflettono la luce ed ho tolto il colore.
Lo studio del ciclo lo lux racchiude la luce e l’olografia.
Noi stiamo andando verso l’olografia, tutto quello che vediamo è falso.
Ci sono cantanti che salgono sul palco proiettando solo la loro immagine ed il pubblico applaude questo.
L’immagine olografica diventerà realtà aumentata, immagini che non ci sono ma vediamo. Quindi la mia domanda è cosa e che vediamo veramente? Mi viene da dire che tutto quello che vediamo non corrisponde alla realtà. Se esiste una realtà viene allora rielaborata e da li possiamo collegare lo studio della cinetica rivisitata. Semi sfere che in realtà non ciò sono, cerchi perfetti che quando muovo il mio sguardo dal fianco dell’opera, non esistono.
Stesso fenomeno con l’olografia, come mai quando cambio posizione vedo colori diversi? La luce lavora in base alla posizione e l’opera si muove. Lo studio della cinetica e delle terre rare luminescenti e la luce pura, quindi trasparenze, ti convoglia la luce in modi particolari, attraverso le sfere in resina muove la luce e crea immagini diversi in base alla posizione. Tutto questo per me continua a confermare che tutto quello che vediamo non è corretto, è una nostra rielaborazione
Di conseguenza al suo discorso sulla luce voglio chiederle, se tutto quello che vediamo non è realtà, c’è un collegamento al suo uso ripetitivo della sfera o mezza sfera? Questa forma concava o convessa riflette ovviamente la realtà in modo differente da come noi la vediamo.
Beh, questa domanda è bellissima, ti sei già quasi risposta. Attraverso la sfera cambia l’immagine. Leonardo Da Vinci per primo disse “i nostri occhi sono sferici per cui noi vediamo le cose al contrario, io in questo momento ti vedo ribaltata e il mio cervello aggiusta la visione. È proprio grazie alla forma sferica, che io trovo ovunque nello spazio. Io adoro la sfera perché non ha angoli. Vorrei citare una frase di Telesio, un filosofo del 1500 che diceva “Il nostro pensiero è diretto dall’armonia e proporzione.”.
Cosa esiste di più armonioso della sfera? È senza inizio e fine, il nostro pianeta è una sfera, i nostri atomi sono sfere, le cellule sono cerchi, sfere. Questa forma, la forma in sostanza, la troviamo sempre nel nostro pianeta, è la forma perfetta. Io ne sono innamorato, ma credo si capisca e continuo a proporla perché non riesco a uscirne prima di tutto, ma ha un’attinenza precisa con la scienza. È nel nostro dna. Ho già realizzato un’opera del DNA usando la sfera che però non si trova qui. Il DNA è composto da sfere, con segmenti che tagliano.
Per me la sfera entra perfettamente nella scienza, la scienza non può stare senza questa forma che ritroviamo sempre.
Ritornando invece al Bosone di Higgs, che è di ispirazione di questa intera mostra. È successo ormai dieci anni fa, lei di quel momento cosa ricorda? E in che modo pensa che questa scoperta abbia influenzato la sua arte o la ricerca che viene prima della creazione delle sue opere?
Per me è stata una grande scoperta e come per tutti gli umani mi ha creato un po’ di sconvolgimento. Quando si arriva alla particella di dio, dove potrà arrivare l’uomo?
Il mio primo pensiero è sempre che utilizzino queste conoscenze nella maniera buona e purtroppo non possiamo dire che sia sempre il caso. Queste scelte che hanno molto a che fare con il profitto al contrario di una progressione universale, a volte mi fanno paura.
Io la vorrei sempre interpretare in una maniera trascendente, se mi è concesso. Lasciarla anche lì dove è. Una particella di Dio, intaccata dall’uomo.
Il mio sconvolgimento sarebbe l’uomo che arrivi a credersi dio, la scienza deve andare avanti ed è una parte fondamentale ma io la vedo da artista. L’opera si fa per essere venduta o perché si sente il bisogno di farla e comunicare qualcosa? Per me la seconda. Se è fatta per essere venduta, l’opera non possiede più amore né passione ed è diventata un utilizzo, un profitto. Forse mi ha fatto un po’ paura, sono sincero.
Io dico “Lasciate che fluisca tutto come è stato disegnato.” E adesso e dopo?
Le mie opere sono partite prima però. Mi sono ritrovato in quelle immagini e ho riconosciuto di essere sulla strada giusta per averlo immaginato
Da quanti anni lavora su questo?
Un quarto di secolo tutto sulla resina, anche se i miei primi dipinti, quadri di olio su tela risalgono al 1986; avevo 13 anni: non compravo i giochi, compravo i colori ad olio e i pennelli. Mio padre non voleva. Ma a me piaceva disegnare.
Alla fine degli anni novanta è successo qualcosa, ho detto basta, non dipingo più. Per me non c’è più nulla da disegnare. So che gli artisti si arrabbiamo.
Sono andato su un altra materia perché poi l’arte cosa deve comunicare? Un linguaggio odierno. Possiamo continuare ad usare olio e tela? Con tutto il rispetto per chi ancora lavora con questi strumenti. Per me l’arte di oggi bisogna adattarla ad un linguaggio moderno. La resina mi dà quella possibilità su un altro livello. E quindi mi sono innamorato follemente all’inizio degli anni novanta. Da quel momento tutte le mie opere sono state prodotte con l’utilizzo della resina.
Questa è una lastra unica, un esperimento unico nel suo genere. Sono andato a togliere tutto, non c’è più supporto, tavola, tela. Non c’è nulla. Una lastra totalmente in resina. A me piace moltissimo sperimentare, non bastano tre vite. Per quell’opera l’ho lasciato al sole. La resina è un prodotto che si muove e quindi nel processo di solidificazione subisce alte temperature e si è piegata, prendendo quella forma. Irripetibile perché non sarei più in grado di rifarla, un pezzo unico nel suo genere. L’intervento esterno e la resina in sé non ti permettono un controllo totale della materia. Devi sempre trovare un compromesso. Non è possibile renderla docile totalmente. A quell’opera in particolare ci sono molto affezionato.
INTERVISTA A VALERIO GRASSI
di Valentina Facchinetti
Prima di tutto vorrei iniziare con una domanda su come è nata questa collaborazione tra arte, scienza e, come dice il titolo, trascendenza. Quindi tra lei e l’artista Giuseppe Portella.
All’inizio io l’artista non lo conoscevo. È stata un’idea dei curatori, un’idea molto felice perché penso da sempre che il mondo dell’arte e della scienza abbiano un grandissimo connubio. Molti artisti sono residenti a Ginevra e prendono ispirazione dall’ambiente che li circonda e hanno dei mentori. Io stesso sono stato un mentore in questo caso per uno spettacolo di danza che seguiva le linee di ciò che io studiavo.
Ho passato buona parte della mia vita nel rendere visibile quello che è invisibile, l’arte figurativa come puoi capire è molto fruibile e genera emozioni immediate: mi piace ed è bella oppure non mi piace o la devo ancora capire. È raro che l’arte non lasci qualche reazione immediata
Quello che facciamo noi invece non può piacere o non piacere. È una realtà fisica che compone ognuno di noi, ma non così relativamente fruibile. Bisogna trasformarla in un’immagine, c’è un connubio forte con queste opere.
Trascendenza perché non si può rimanere totalmente insensibili a concetti così importanti. Di cosa siamo fatti? Come l’universo si evolve? Viviamo in un mondo in cui ci è dato tutto; quello che tocchiamo esiste, è nostro. Le nostre vite sono molto brevi rispetto all’intera storia del nostro mondo.
Percepire noi stessi che percepiamo, è un concetto molto importante, trascendente e bello. Le domande devono scaturire dalla meraviglia, nello stesso modo in cui guardi un’opera e ti fa scaturire delle emozioni (angoscia piuttosto che meraviglia) e ci portano a riflettere. Questa mostra per me è un bellissimo esperimento sociale.
Cosa intende con esperimento sociale?
Esperimento sociale perché quello che vedo, prendendo ad esempio le persone con cui ho parlato poco prima, loro sono venute a Vigevano per mangiare un gelato in piazza, poi hanno notato questa mostra, entrano e vogliono parlare con l’artista e in realtà trovano me, senza capire subito se sono quello delle foto al CERN. Alcune persone con cui ho parlato sono rimaste qui per più di un ora con domande che non pensavano nemmeno di avere dentro di loro. Questa mostra è stata per loro il pretesto per riuscire in quel tipo di ricerca interiore. In realtà non ho pretesa che chiunque venga qui comprenda tutto perfettamente, non siamo all’università.
È più un’esperienza che si fa per piacere.
Quando stavamo guardando il video mi ha indicato il reattore e me lo ha descritto come un mandala, possiamo quindi dire che lei è stato immerso nella scienza, ovviamente, ma anche nell’arte o comunque in una bellezza estetica e simmetrica.
La questione del mandala. Mi occupavo di fare le visite guidate quando ero al CERN e alla fine del tour c’era una domanda che mi aspettavo sempre “Dieci miliardi di dollari, ma alla fine come possiamo usarlo?” La risposta è tutta intorno a noi. Utilizziamo ora tecnologie che vengono sviluppate grazie alle conoscenze prese dal CERN. Ma cosa è? Noi lo abbiamo sviluppato come un mandala tibetano, che viene distrutto dopo anni, per ricordare la caducità delle cose terrene. La trascendenza è forte in questa similitudine.
Il Bosone di Higgs, come dico spesso, è di tutti, siamo tutti. È Chiara, sono le mie figlie. In realtà lo posso monetizzare? No, ma rimane uno strumento importante. Senza di esso non esistiamo. Quindi perché dobbiamo portarlo ad una dimensione terrena e pensare che senza un valore monetario non sia importante.
“A cosa serve?” Mi serve ad esistere, che non è poco.
L’acceleratore di particelle e il detector servono per guardare i componenti più intimi del nostro universo, la cosa bella è che è magnifico pensare come l’uomo sia arrivato ad un livello tale da poter ricostruire una parte della creazione dell’universo in laboratorio.
Sai da cosa sei composta tu? Così, velocemente?
Non saprei, atomi?
Il due percento di te è stato creato direttamente dal Big Bang, il novantotto percento di te è stata creato facendo esplodere una supernova. Il tuo di dna è uno in tutta la storia dell’universo. Quindi tu sei: parte del Big Bang, parte di una supernova, polvere di stella e unica ed irripetibile in tutta la storia dell’universo.
Ognuno di noi è veramente importante, e non possiamo sprecare la nostra vita in carolate. É un po’ brutto pensare che le nostre decisioni siano così materialistiche. Noi abbiamo il dovere di partecipare pensando allo sviluppo della cultura generale, e quindi non può non essere un’esperienza trascendente. Si parla dell’evoluzione del nostro sapere collettivo.
Il tramonto visto attraverso una fotografia appartiene a te tanto quanto al fotografo che l’ha scattata. Così la mia conoscenza appartiene a te tanto quanto a me. Il sapere deve essere qualcosa che appartiene a tutti. Al CERN, le informazioni e i lavori sono scaricabili gratuitamente da tutti dal web. Chiunque abbia bisogno di quelle informazioni può scaricarle in base al suo studio.
Anche perché come ho già detto il Bosone di Higgs siamo tutti noi, appartiene a tutti.
A dieci anni dalla scoperta, se ripensa a quel momento, a quella mattina, cosa prova e cosa le è rimasto impresso?
Allora, in realtà non c’è stato un giorno in cui abbiamo scoperto questa cosa, nel senso che vedevamo un picco di energia che come una fotografia diventava sempre più nitida. Abbiamo poi deciso di fare una conferenza al CERN il 4 luglio, con tutti i big e sembrava fosse un concerto, talmente tanta la gente venuta da istituti di ricerca affiliati.
Io ho detto “Io lì non vado” e sono stato esattamente sopra il rivelatore. Perché stava ancora funzionando, c’è ancora molto da scoprire, ma sentivo di dover stare proprio lì, proprio sopra il Bosone di Higgs.
Mi sentivo di avere questa capacità che quando mi trovavo lì, sopra il rivelatore, potevo chiudere gli occhi e esattamente percepire la collisione delle particelle quando avvenivano 40 milioni di volte per secondo. Ero arrivato ad un punto di non solo conoscere i dati ma tramutarli in una percezione reale di quelle collisioni. Non sono matto, è un po’ come quando gli atleti arrivano ad avere capacità insuperabili durante le gare dove danno il massimo di loro stessi. Tutti i loro emisferi del cervello operano in sintonia.
Immagino abbia aiutato anche l’esperienza, dopo anni di lavoro.
Beh ovviamente.
Era un mondo fantastico, però era un po’ come andare sulla luna. Come il secondo uomo che andò sulla luna, descrisse l’esperienza come una magnifica desolazione. Non c’è nulla, è desolato e magnifico allo stesso tempo.
Io mi sono reso conto che quel mondo è assolutamente magnifico ma desolato, io sono andato lì in vetta, che una buona parte del percorso, ma importante è anche saper tornare. Il rischio di non tornare tutti interi è alto.
Ho iniziato a pensare che mi mancasse qualcosa, in generale l’esperienza richiede molto da te, è quasi impossibile pensare di avere una famiglia, è troppo complicato. Dentro di me sapevo di voler diventare anche un papà e ho pensato che la mia vita potesse anche cambiare, quel mondo non è tutto dorato.
Ho portato con me molto di quello che ho trovato a Ginevra, il colore delle pareti del mio ufficio ora sono come quelli del CERN. Molte delle tecnologie della mia azienda sono state ricostruite basate su quelle del CERN per fare altre cose.
Una volta mi raccontava un mio amico, generale dell’aeronautica, personaggio notevole, primo a selezionare donne tra cui Samanta Cristoforetti; lui mi diceva che per via dell’età ha smesso di pilotare uno dei suoi aerei preferiti, della guerra fredda, impressionante da vedere; ma mi diceva che nessuno avrebbe potuto togliere dentro di lui le emozioni di volare.
C’è anche un altro fatto. Dopo che sono andato via dal CERN non è stata fatta nessun’altra scoperta, se vogliono torno come porta fortuna.
È un mondo bello ma da cui è bello anche tornare.
Io sono Cavaliere dell’Ordine del Merito della Repubblica e forse molti altri saranno più bravi di me, non ne dubito, ma io ho questo titolo perché ho designato buona parte della mia carriera a raccontare queste cose ed esperienze affinché fossero disponibili a tutti.
È un modo per dire ce l’ho fatta anche io, avevo un sogno che ho perseguito e ho realizzato. Non dico quale sogno tu debba avere, è il tuo ma è importante credere in se stessi, in fondo siamo polvere di stelle e parte del Big Bang.
Lei ha lavorato al CERN durante gli anni della scoperta e per il suo lavoro è stato insignito di un riconoscimento di cavaliere dell’ordine del merito, per quanto riguarda le opere che vediamo qui, tra la sua ricerca e il modo in cui l’artista le ha rappresentate che riscontro vede?
La scoperta per me è stata conoscere questo artista ed è stato merito dei curatori che hanno fatto un ottimo lavoro dal punto di vista interdisciplinare. Secondo me l’artista Giuseppe Portella ha un repertorio di opere in resina che sono davvero molto affini perché ricordano un mondo particellare non solo dal punto di vista geometrico ma anche guardandole come sfere che si creano a vicenda. Una sola di loro non avrebbe molto senso, ma sono una moltitudine con una disposizione ben precisa che compone un disegno. Trovo un connubio molto forte.
Questa mostra vogliamo portarla anche in altre città. Molto probabilmente a Siena con cui ho un legame molto forte e nella bergamasca a Bergamo Scienza, quindi sarò presente il più possibile.
Secondo me è importante capire come le persone reagiscono e interagiscono, anche perché c’è questo concetto che circonda l’accademia e la scienza che la fa sembrare distante dalla gente. In realtà appartiene a tutti, ma deve esserci un lavoro dietro di creare un linguaggio comune.