Noi del Bar Jamaica

Ercole Pignatelli

Omaggio a Piero Manzoni
1953-1963

Nella tarda mattina del 20 novembre 1953, uno dei tanti treni proveniente dal sud italia si fermò, con qualche ora di ritardo, alla stazione Centrale di Milano.
Il giovane ragazzo, ancora minorenne, scese dal vagone sul quale aveva viaggiato e pose i piedi sulla nera panchina del binario, tenendo in mano una valigia stracolma di sogni e belle speranze, di profumi e colori rubati ai paesaggi vividi della sua terra natia, intorno alla città di Lecce.

Quel giorno una nebbia insidiosa nascondeva il volto della città. Sarebbe stato impossibile per chiunque riconoscere un essere umano, un’automobile, un tram o un bus se non gli fosse passato accanto.
La radio e i giornali non facevano altro che parlare di questo fenomeno padano, che nelle stesse giornate si manifestava a Londra così come in molte altre città europee di vocazione industriale. La nebbia di quei giorni aveva causato il decesso di molte persone in Inghilterra, a seguito dello smog e dei veleni sospesi nell’aria.

All’uscita dalla stazione, il panorama era completamente diverso da quello che possiamo osservare oggi. Il grattacielo Pirelli, che sarebbe diventato nel decennio successivo il simbolo di una città laboriosa, entusiasta e in grande fermento, non era ancora stato costruito.

Catapultato in una situazione completamente avulsa e distante dalla briosa atmosfera salentina, il giovane Ercole notò subito che nella piazza antistante alla stazione, oltre che alle fermate dei bus e dei tram, campeggiava una serie imponente di tabelloni pubblicitari.
Anche questo non rappresentava affatto uno scenario consueto per lui, proveniente dalla parte più estrema d’Italia

Uno di questi manifesti catturò particolarmente la sua attenzione. Informava di una mostra in corso a Palazzo Reale dedicata al più grande artista vivente dell’epoca, colui che aveva dato una svolta significativa all’estetica e al pensiero artistico del Novecento. Era la mostra di Pablo Picasso. Senza pensarci troppo, chiese ai passanti quale fosse il mezzo più vicino per arrivare in Piazza del Duomo e li si diresse.
Ercole rimase affascinato dalla maestosità della mostra. Qui esposto per la prima volta il celebre Guernica. L’opera suscitò in lui una forte emozione, proprio per quella potente e particolare denuncia visiva che Picasso era riuscito a trasmettere ai visitatori.

Il destino volle che settant’anni dopo, proprio nella Sala delle Cariatidi, dove il dipinto era esposto,
Ercole Pignatelli realizzerà una performance di 12 giorni, dipingendo una tela ispirata proprio a questo capolavoro. Chi l’avrebbe mai detto allora? Forse solo lui, che aveva già proiettato la sua mente verso una carriera artistica di successo.

Le lancette dell’orologio segnavano già le 18 quando Ercole, uscito dalla mostra, non aveva ancora un posto dove pernottare. Non ci aveva ancora pensato. La sua mente era immersa nei fantasmagorico universo dei quadri di Picasso. Improvvisamente, resosi conto che era già buio, si avviò con rapidità verso l’edicola più vicina per comprare il Corriere della Sera. Nella pagina degli annunci trovò un affittacamere con un letto disponibile in via Formentini al numero 5. Dopo aver depositato i bagagli nella stanza, scese in strada per cercare un locale dove cenare. A pochi passi dall’abitazione, notò un bar con le luci accese e molti frequentatori in piedi che parlavano e affollavano la saletta.
Lui non lo sapeva, ma quello era il mitico “Bar Jamaica,” il cuore della cultura e della ricerca artistica della città. All’ingresso incontrò il pittore Ettore Sordini, che, notandolo spaesato, gli chiese cosa ci facesse lì. Dopo essersi presentato, desiderò farlo conoscere agli altri avventori presenti quella sera al bar. Tra questi c’erano Salvatore Quasimodo, Dino Buzzati, Ugo Mulas, Lucio Fontana, Milena Milani e molti altri, compreso Piero Manzoni. Nel giro di poche ore dal suo arrivo a Milano, Ercole Pignatelli aveva già conosciuto il gotha dei personaggi che da di lì a poco avrebbero fatto la storia dell’arte italiana. La sua vita si intrecciò immediatamente con quella dei nuovi amici del Bar Jamaica. A soli 100 metri dalla sua abitazione il bar rappresentava un vero e proprio salotto culturale, dove gli artisti si scambiavano e condividevano idee e progetti, creando momenti di convivialità che avrebbero dato vita a grandi amicizie. Il legame con Piero Manzoni si rivelò subito speciale. Entrambi non solo coltivavano passioni artistiche, ma anche esperienze quotidiane che avrebbero influenzato il loro percorso espressivo.

Ercole Pignatelli e Piero Manzoni si trovarono insieme a collaborare con Lucio Fontana. I due giovani divennero i suoi preziosi assistenti, chiamati a svolgere compiti pratici, come l’acquisto di colori, la preparazione dei materiali, l’intelaiatura delle tele, ma anche a portare contributi d’ispirazione al lavoro del grande maestro.
Trascorrevano intere giornate a discutere di poesia, letteratura, tecniche artistiche e visioni del mondo.

Un intenso scambio di idee arricchiva la loro formazione artistica e alimentava il clima di fervore creativo che caratterizzava lo spirito di quegli anni. Le loro conversazioni incoraggiavano una costante sperimentazione artistica. Questa sperimentazione si traduceva in una forte espressione formalizzata nelle loro opere, ognuna realizzata secondo le modalità e i linguaggi personali di ciascuno.
Tuttavia, nel 1963, la vita riservò una tragica sorpresa. Piero Manzoni, colto da un malore nel suo
nel suo studio in via Fiori Chiari 16, lasciò improvvisamente questo mondo. In quel luogo, dove egli aveva creato le sue opere principali, ormai diventate un must dell’arte internazionale, Ercole Pignatelli renderà omaggio al suo amico scomparso esponendo 15 lavori realizzati nei dieci anni di intesa, collaborazione e crescita culturale vissuta insieme.
La mostra è un viaggio nel tempo e un tributo a Piero Manzoni e a un’epoca in cui il Bar Jamaica costituiva il fulcro di una rivoluzione culturale che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte. “Il Ragazzo Rondine,” così aveva definito Raffaele Carrieri il giovane Pignatelli, in quegli anni prenderà il volo verso lidi dove l’immaginazione e la poesia trasformano magicamente la realtà in un grande sogno da condividere. Un luogo dove ognuno di noi può vivere la propria favola, uno spazio dell’anima che offre a tutti una chance e la speranza che il miracolo possa davvero avvenire, anche oggi, ora, in questa città. Qui, dove Cesare Zavattini un giorno urlò alle platee di tutto il mondo: “Miracolo, Miracolo… Miracolo a Milano.

Testo di Fortunato D’Amico

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