EDUCAZIONE AMBIENTALE La MIA piccola parte per il NOSTRO Grande Pianeta

ISTRUZIONE DI QUALITÀ, PER GENITORI

di Silvia Vercelli e Chiara Crosti

In occasione del 22 Aprile, Giornata Mondiale della Terra, l’Associazione Culturale Lo Zainetto e WorldGlocal hanno voluto dedicare la rubrica de “La Mamma Secchiona”, al tema dell’educazione ambientale. 

Obiettivo primario quello di risvegliare in ciascun individuo la consapevolezza della profonda interconnessione tra l’essere umano e l’ambiente, traendo ispirazione dalle parole di T. Makiguchi, educatore e filosofo giapponese, che nella sua opera “Una Geografia della Vita Umana” ci trasmette:

E su questi stessi valori, alla base del suo sistema pedagogico, è importante oggi più che mai focalizzare l’attenzione in ambito educativo. 

L’educazione ambientale di bambini e ragazzi rappresenta, infatti, un fattore indispensabile per la sensibilizzazione e lo sviluppo di una capacità critica che possa influire sulle scelte di chi domani deciderà di dedicarsi alla scienza, alla ricerca, al mondo dell’agricoltura, della medicina o dell’insegnamento stesso. E anche per fornire gli strumenti necessari ad assumere un ruolo attivo di fronte alla prospettiva di un futuro ancora ignoto per quanto riguarda le problematiche ambientali e i potenziali effetti del cambiamento climatico.

Climate Psychology Alliance sensibilizza in questo senso tutti gli adulti della comunità educante sull’importanza di integrare Dialogo, Teoria ed Esempio Pratico, in un approccio volto a spiegare ai bambini e ragazzi di oggi, in termini semplici, non solo quello che sappiamo ma anche quello che non sappiamo su queste stesse tematiche, a chiedere ai bambini quali sono le loro impressioni e farli sentire ascoltati e, infine, a dare loro l’esempio con azioni quotidiane concrete. 

Su questi tre elementi di dialogo, teoria ed esempio pratico abbiamo voluto perciò incentrare la nostra intervista: Chiara Crosti (Comitato Boschetto e WorldGlocal) e Sonia Bottini (Salvambiente) hanno condiviso, in modo appassionato e competente, le loro testimonianze di azioni che hanno messo in campo per l’ambiente, sul territorio trezzanese, rispettivamente, dalla riqualificazione del Parco dei Sorrisi – trasformato nel tempo in luogo di cultura e aggregazione intergenerazionale – all’introduzione della pratica della permacultura e dell’utilizzo dei microorganismi al Lago Mezzetta, entrambe avvalendosi di una rete di cittadini consapevoli; il tutto contestualizzato nella teoria della cornice degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, con particolare riferimento alla ‘P’ di Pianeta e con in mente una meta ancora più a lungo termine: 

Un’Europa a impatto climatico zero entro il 2050”.

In chiusura, alcune proposte da condividere in ambito familiare:  la riflessione finale sul principio di equità intergenerazionale e sull’importanza di lasciare il mondo in condizioni migliori di come l’abbiamo trovato in modo da permettere agli adulti di domani di vivere in un ambiente sostenibile, garantendo loro un patrimonio di risorse naturali e culturali adeguate, alcuni suggerimenti di lettura per esplorare insieme diverse opzioni in quest’ottica e un breve estratto della fiaba del colibrì. 

Per chi fosse interessato all’ascolto dell’intervista, questo è il link al video:

Lo Zainetto e WorldGlocal La Mia Piccola Parte per il Nostro Grande Pianeta – YouTube

EARTH300

UN NUOVO MEDIUM PER LA SALVAGUARDIA DEGLI OCEANI E DEL PIANETA

“Per affrontare la sfida strategica del climate change, Earth 300, un ocean explorer di 300 metri, incrocerà scienza, tecnologia, avventura, esplorazione, educazione e intrattenimento in modi mai immaginati prima. La citizen science sarà la nostra chiave per produrre un futuro migliore: vogliamo generare lo strumento più innovativo ed efficace per progettare insieme la sopravvivenza degli Oceani e del pianeta”

Giulio Ceppi, EARTH 300 Head of systems design 

Premessa

Stiamo vivendo un momento cruciale nella storia dell’umanità, affrontando la sfida più grande dagli albori dell’uomo: il cambiamento climatico, da cui nessuno può esimersi o mostrarsi indifferente.
Per affrontare questa sfida epocale, Earth 300, un ocean explorer di 300 metri, incrocerà scienza, tecnologia, avventura, esplorazione, educazione e intrattenimento in modi mai immaginati prima.
L’onda verde ha portato a una pletora di promesse di un nuovo futuro senza emissioni, con innovazioni e nuove soluzioni che ci avvicineranno al raggiungimento degli obiettivi dei mandati aggressivi a ridurre le emissioni di CO2 di almeno il 40% rispetto ai livelli precedenti, portandole a una riduzione del 70% entro il 2050. Inoltre, l’ONU ha imposto una riduzione delle emissioni totali annue di GHG per spedizioni internazionali di almeno il 50% entro il 2050 rispetto al 2008.

Earth 300 è concepito come una piattaforma tecnologica estrema per la scienza, l’esplorazione e l’innovazione in mare, che incorpora robotica, IOT, AI e Quantum Computing ed è attrezzata con 22 laboratori all’avanguardia, sviluppata come una piattaforma che possa catturare in un mix nuovo e originale lo spirito di Silicon Valley, Space X, Davos e le Olimpiadi. Una nuova piattaforma per ragionare attivamente e concretamente sulla sopravvivenza del pianeta e sul futuro degli oceani
Neri Oxman, ecologista dei materiali del MIT, ha dichiarato: “Non risolvi le crisi climatiche con un dottorato di ricerca in termodinamica”. Dobbiamo adottare un approccio sistemico al pensiero ed EARTH300 vuole essere uno strumento innovativo ed originale in questo cambio di mentalità.

Una nuova piattaforma interdisciplinare

A bordo della nave si esplorerà un ampio spettro di punti di vista, riunendo le menti più intelligenti e brillanti per creare un collettivo di intelligenza che non ha rivali in termini di portata e diversità. Ospiterà infatti 4 diverse comunità: scienziati, esperti, studenti e privati cittadini. Lo farà trasportando 160 tra i più importanti scienziati del mondo, dal marino, alla terra, all’aria e allo spazio, nonché una cerchia di 20 esperti provenienti da diversi settori: imprenditori ed economisti, ingegneri, esploratori e artisti… che lavoreranno insieme per creare soluzioni rapide, di vasta portata e soluzioni eccezionali in “real time to market”.

Inoltre EARTH300 offrirà una piattaforma open source per consentire agli scienziati di tutto il mondo di beneficiare di questa conoscenza. È la nostra giovinezza che dovrà condurci coraggiosamente nel futuro, quindi abbiamo anche fatto spazio per almeno 20 studenti, permettendo loro di essere a bordo ad ogni viaggio, selezionati democraticamente, a prescindere da credo, colore o fascia di reddito.
Earth 300 fornirà anche uno sfondo per i privati cittadini, mecenati facoltosi che diventeranno contribuenti, per partecipare a think tank all’avanguardia della scienza.

Il progetto preliminare della nave di Earth 300 è definito e approvato (sviluppato da Igges Design) e l’ingegneria del progetto navale preliminare è completata (NED).
Ora abbiamo già numerosi partner che ci supporteranno nelle fasi successive, tra i quali aziende come IBM, Core Power, Rina… L’acceleratore Earth 300 inizierà le iniziative dal giorno 1. Il nostro obiettivo è suonare l’allarme climatico su scala globale e ispirare l’immaginazione etica ed ecologica.
Vogliamo veder nascere un nuovo marchio di avanguardia planetaria, seguito da leader etici che sosterranno una nuova visione economica ed ecologica per il mondo. Dipendiamo dalla Terra ed è ora di svegliarsi. Crediamo che la paternità collettiva in cui le persone possono sognare e osare insieme sia la strada da intraprendere.
Vogliamo invitare la comunità globale a partecipare e ad aiutarci, diventando fondatori e creatori del nostro mondo e garantendo la sopravvivenza dell’umanità per le generazioni a venire.

Progettare il metabolismo: la circular economy di una nave (e non solo)

Earth 300 è una piattaforma tecnologica estrema per la scienza, l’esplorazione e l’innovazione del mare; si tratta della costruzione della nave di ricerca più grande del mondo dotata di 22 laboratori scientifici e che ospita 160 scienziati con la missione di combattere il cambiamento climatico. Con sede e sede centrale a Singapore ma con una rete globale e una visione e una missione che non ha confini geografici.

Earth 300 ha anche già attivato un acceleratore tecnologico a Singapore che collabora con diverse start-up e offrire reali utilizzi sul campo, nella barca stessa in primis, ovviamente. La prima startup Earth 300 sta già funzionando con l’obiettivo di sviluppare una tecnologia di tracciamento che aiuterà a monitorare le condizioni ambientali in tutto il pianeta per proteggere la biodiversità e promuovere la conservazione dell’ecosistema.
L’acceleratore ha anche un’iniziativa di riciclaggio per trasformare i rifiuti in prodotti utilizzabili coinvolgendo e stimolando gli studenti di varie scuole locali a Singapore a pensare in modo creativo ai modi per ridurre i rifiuti di plastica nelle stesse scuole. Il programma sosterrà le nostre iniziative scolastiche in tutto il mondo per comunicare e apprendere in modo incrociato su idee sostenibili e nuove ricerche disponibili, in mare e in terra.

L’ambiente marino come forma di energia pulita: la tecnologia MSR

Una delle domande di lungo termine che ci siamo posti fin dall’inizio del progetto ruota intorno alla motorizzazione della nave: come muoversi sugli oceani in modo sostenibile, come non cadere in contraddizione volendo aiutare il pianeta a decarbonizzarsi e muoversi quindi sulle acque senza produrre un ulteriore inquinamento?
Abbiamo deciso che il vero punto cruciale in una partnership sostenibile a lungo termine fosse il nesso futuro tra l’energia atomica avanzata e l’energia necessaria per produrre idrogeno verde, ammoniaca verde e altre soluzioni prive di carbonio. La tecnologia che si trova nella posizione migliore oggi per fornire energia sostenibile, a lungo termine e priva di emissioni e produrre combustibili sintetici è il Molten Salt Reactor (MSR).
La tecnologia MSR non è una novità assoluta: già nota negli anni ’60, più o meno nello stesso periodo delle prime fasi di sviluppo dei veicoli elettrici (EV), ma ora i chimici negli Stati Uniti hanno scoperto che il calore industriale potrebbe essere prodotto da reazioni a catena atomica in sali liquidi, piuttosto che in reattori ad acqua come avevano fatto negli anni ’50: un evento rivoluzionario e una scoperta scioccante. Significa che avere la produzione di energia di estrema efficienza per un periodo molto lungo di tempo senza il rischio di fughe radioattive, non è solo possibile, ma del tutto pratico.

La produzione flottante è l’ambiente ideale per avere idrogeno verde, ammoniaca verde e acqua dissalata. Non richiede licenza nel sito, è scalabile, flessibile, mobile, esportabile ed si è circondati da acqua e aria – tutta la materia prima di cui abbiamo bisogno per produrre idrogeno e ammoniaca verde. Nessuna trivellazione petrolifera, nessuna raffinazione di petrolio fumoso, nessuna combustione, nessuna emissione…
Pensate a una raffineria galleggiante di carburanti verdi che produce 3-5 milioni di tonnellate di ammoniaca verde all’anno ad un costo competitivo con il carburante bunker. La domanda globale di ammoniaca verde solo da il trasporto marittimo dovrebbe raggiungere i 250 milioni di tonnellate entro il 2035. Ciò potrebbe essere raggiunto da appena 50 installazioni di questo tipo.
Gli sforzi di Earth 300 metteranno in luce il ruolo chiave che possono svolgere le industrie marittime nel decarbonizzare l’industria pesante e i trasporti, svolgendo nel contempo un lavoro essenziale e a lungo termine per la conservazione sostenibile dell’oceano.

Il ruolo di Giulio Ceppi, Head of systems design di EARTH 300

Il ruolo di Giulio Ceppi nel progetto di EARTH 300 è quello di curarne e garantirne il metabolismo, sia sul piano delle attività e della ricerca, creando quindi il giusto mix di strutture, attività e contenuti, quanto sul piano del funzionamento della nave stessa, attraverso i suoi spazi dedicati, le infrastrutture speciali, i mezzi di trasporto integrati.

Inoltre l’approccio strategico e sinergico di Giulio farà di EARTH300 un laboratorio galleggiante di ricerca sulla sostenibilità, a partire dai materiali con i quali è costruita, dai consumi energetici, fino alla capacità di garantire autosufficienza alla vita di bordo e rappresentare quindi un “modello di economia circolare viaggiante”.

Giulio Ceppi (1965) ha studiato Visual design alla Scuola Politecnica di Milano e, dopo la Laurea in architettura, ha conseguito il Phd in design sempre al Politecnico di Milano, dove è docente dal 1994. Si occupa di progettazione sensoriale e design dei materiali, di tecnologie emergenti e strategie per l’innovazione. Fino al 1997 ha coordinato il Centro Ricerche Domus Academy, e quindi fondato il Master in Business Design, divenendo poi nel 1998 senior design consultant di Philips Design.

Nel 1999 fonda Total Tool, società di visioning e design strategy, oggi con sedi a Milano e Buenos Aires, con oltre 250 progetti svolti nei 5 continenti. Ha tenuto conferenze in oltre 25 Paesi, scritto numerosi saggi sul design e curato importanti mostre sulla cultura del progetto.
Ha ricevuto numerose menzioni al Compasso d’oro, il premio Dedalo Minosse, il premio nazionale per l’innovazione dei Servizi di Confcommercio.
Vive e lavora a Milano e sul Lago di Como.

Istruzione di qualità, per genitori

COLTIVARE L’INTELLIGENZA EMOTIVA FIN DALLA PRIMA INFANZIA PER UN FUTURO SOSTENIBILE

di Silvia Vercelli

Fiore delle emozioni (o fiore di Plutchik) è uno strumento utile per la  psicoeducazione. Lo scopo è quello d… | Emozioni, Intelligenza emotiva,  Mappa dei sentimenti
La ruota delle emozioni – Plutchik

Non possiamo insegnare nulla alle persone, possiamo solo aiutarle a scoprire le cose dentro di loro” (Galileo Galilei)

L’Intelligenza Emotiva è la capacità di unire pensieri ed emozioni per prendere decisioni ottimali e generare risultati positivi. Isabelle Filliozat, nota psicoterapeuta, sottolinea, rivolgendosi a genitori ed educatori, l’importanza di coltivare l’intelligenza emotiva, o intelligenza del cuore, fin dalla prima infanzia, rispondendo in modo adeguato alle emozioni del bambino, attraverso la presenza (“ci sono” in risposta ai tuoi bisogno), le parole (nell’aiuto a verbalizzare e nell’utilizzo di un linguaggio efficace) e l’atteggiamento (di esempio nella modalità di reazione): questo lo renderà nel tempo capace di padroneggiarle.

I bambini hanno bisogno di adulti che non si facciano spaventare dalla loro esuberanza emotiva o dalla loro eccessiva richiesta di devozione. Come ruolo chiave nel percorso educativo, l’adulto può e deve arginare, indirizzare il piccolo, senza sottrarlo alla necessaria frustrazione che capita nelle relazioni con gli altri, anche con i coetanei.

Inside out
Inside Out – Pixar

Riuscire a comprendere che i bambini hanno diritto ad un loro spazio/tempo da vivere nella relazione tra pari con serenità, ma anche con la possibilità di sperimentare e sperimentarsi, è una competenza importante da sviluppare. E nella difficoltà oggettiva della situazione è fondamentale riuscire ad avere fiducia nel bambino.

In un’ottica più ampia, gli sforzi compiuti dal genitore oggi in questa direzione favoriranno la crescita di futuri individui consapevoli e capaci di instaurare relazioni efficaci e di valore, creando reti aventi come fine ultimo il bene collettivo.

Questo il tema trattato nell’incontro mensile tra WorldGlocal e l’associazione culturale Lo Zainetto, nell’ambito della rubrica La Mamma Secchiona (rivolta a genitori di bambini in età zero-sei anni), attraverso gli spunti di riflessione condivisi dalla coach Sara Colussi e la testimonianza di Silvia Vercelli (WorldGlocal). A supporto, un estratto dal cartone ‘Inside Out’ di Pixar.

In chiusura, il riferimento agli obiettivi di sostenibilità, in particolare n.4 (Istruzione di Qualità), n. 16 (Pace, Giustizia e Istituzioni Solide) n. 17 (Partnership per gli Obiettivi), fonte d’ ispirazione costante e indispensabile orientamento nelle scelte educative di oggi per la loro stessa realizzazione nel lungo termine.

Nota – il sottofondo finale è tratto da “You’ve Got Something to Live Up To”, facente parte del progetto musicale My Earth Songs – Children’s Songs for a Brighter Future, del compositore ambientalista indiano Ricky Kej, autore di 27 canzoni per bambini dedicate agli Obiettivi di sviluppo sostenibile.

Per chi fosse interessato all’ascolto dell’intervista, questo è il link al video:

Crolla la frana sulla residenza Tana. Terranova Arte Natura ha bisogno di aiuto

Nella notte tra il 10 e l’11 febbraio 2021, il versante est della collina sovrastante la residenza Tana, nella Frazione Terranova del comune di Arpaise, da cui prende il nome, è caduto, trascinando parte di un bosco secolare sull’officina/laboratorio e su parte della casa, sede della residenza d’arte e tutela ambientale, provocando danni ingenti ai tetti, al muro perimetrale e ai giardini terrazzati.

Nelle settimane precedenti i titolari hanno lottato strenuamente per evitare straripamenti e smottamenti ,dovuti ad una bomba d’acqua che si è abbattuta su tutta la zona del Sannio Beneventano (in 2 giorni è caduta la quantità d’acqua di un anno intero!). Per fortuna o per caso sono vivi e possono raccontare un dramma evitato. 

Dopo i primi momenti di sconforto, si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato a rimuovere i detriti, i grossi tronchi e rami crollati sui tetti, con il pronto intervento dei Vigili del fuoco e poi con l’aiuto di un gruppo di amici e vicini del TANA , che hanno subito offerto il proprio concreto sostegno e che ringraziamo di cuore.

Con la consulenza di un geologo , è stato stimato complessivamente l’ammontare dei danni subìti e valutato i lavori più urgenti e necessari alla messa in sicurezza del pendio, del muro di cinta, della casa e dell’officina/laboratorio, che devono essere avviati al più presto.

E’ iniziato già il lavoro urgente di rimozione dei primi detriti crollati dal pendio sulla casa e sull’officina/laboratorio.
Ma, per  scongiurare ulteriori crolli o danni strutturali è URGENTE proteggere le strutture e il muro di cinta, in previsione di ulteriori piogge, rimuovendo tutto il terreno, le grosse pietre, i tronchi e i detriti caduti.

Cui si spera di far seguire la FASE 2, che prevede la messa in sicurezza del pendio franato, la regimazione delle acque superficiali e la palificazione dei terrazzamenti (costo previsto 30.000 euro), azioni necessarie per la messa in sicurezza del luogo. 

Infine si avvierebbe la FASE 3 (20.000euro) che prevede il necessario lavoro di consolidamento del muro perimetrale, che ha subìto dissesti, durante la frana, mediante la realizzazione di contrafforti di cemento armato, nonché l’impermeabilizzazione e copertura del tetto della casa, colpito dai tronchi crollati.

Per questo motivo Marco Papa e Tiziana De Tora chiedono a tutti sostegno concreto.
Sostenendo il TANA si supporteranno i lavori di messa in sicurezza, la ricostruzione delle strutture danneggiate, e ci darete una mano a riprendere quanto prima anche tutti i progetti culturali e di tutela ambientale, che erano programmati e purtroppo sono al momento sospesi.

Il mondo dell’arte, della cultura e dell’ambientalismo si sta mobilitando a sostegno del TANA. E’ partita la campagna #IOSOSTENGOILTANA, che vede la partecipazione di artisti, musicisti, curatori, associazioni culturali e ambientaliste, che inviteranno tramite brevi video-appelli, ad aderire al crowdfounding per aiutare il TANA a ricostruire quanto distrutto dalla frana e ripartire al più presto con i progetti di tutela ambientale in cantiere.

Tiziana De Tora e Marco Papa

Cosa è TANA Terranova Arte Natura

E’ l’idea di Marco Papa e Tiziana De Tora , attivisti, ambientalisti, dopo anni vissuti insieme all’estero, hanno scelto  di fare down-shifting, tornando alle proprie radici e al paese di origine della famiglia di Marco, e fondando il TANA Terranova Arte Natura , oasi di tutela ed educazione ambientale attraverso le arti, sita nel Sannio beneventano.

Il TANA, come descritto da Marco è “ Luogo – non luogo, dove l’ospite qualunque trova forza e sguardo lungo (che sia asparago o sia fungo, che sia volpe o sia poiana), pace e assetto creativo. Un polo dove fare, creare, partecipare. Un’isola responsabile, nella quale l’esistente è preesistente e persistente. L’uomo passa, annusa, sente, cerca e lascia la memoria del suo tempo. Nulla è sprecato! Un luogo di rispetto, dove il devo schiaccia il voglio, dove l’albero da spoglio rende alchemico lo spazio. Acqua, ossigeno, riserva. Accortezza e discrezione. Nel rifugio migrazione. Area di sosta, di ripresa, di ricarica. Residenza d’artista, officina, orto didattico, area socio-sperimentale. Ciò che avviene lascia memoria. Per chi ancora non è venuto”.

Marco Papa, Michelangelo Pistoletto, Tiziana De Tora

Con l’associazione Artstudio’93, da diversi anni svolgono laboratori di tutela ambientale e cura di giardini e parchi, progetti socio-culturali, e formazione dei giovani, e sono ideatori e curatori dell’evento internazionale Happy Earth Days , giunto alla sesta edizione, dedicato alla Giornata mondiale della Terra.

Marco e Tiziana, inoltre, come ambasciatori Rebirth/Terzo Paradiso hanno fatto loro e intrecciato a livello associativo e soprattutto personale i principi del segno-simbolo di Michelangelo Pistoletto, con progetti partecipati, che hanno avuto luogo sia al TANA che in importanti Musei, come il Madre di Napoli e il Macro di Roma. Sono stati anche protagonisti di un’impresa sostenibile in bicicletta, “Pedalando per il Terzo Paradiso“, lungo la Ciclabile del Reno, per portare i 17 obiettivi dell’Agenda 2030 ONU .

ArtStudio’93 è un’associazione culturale senza scopo di lucro, ideata e fondata nel 1993 dall’artista Gianni De Tora , e ripresa da Marco e Tiziana, con Maria Stefania Farina , per promuovere e diffondere l’arte in tutte le sue declinazioni. ArtStudio’93 intende sensibilizzare l’opinione pubblica su tematiche di attualità attraverso la promozione di eventi di arte totale , nonché di numerose attività didattiche. In particolare, ha l’obiettivo di tutelare, promuovere e valorizzare i beni di interesse artistico, storico e paesaggistico , mediante attività di carattere socio-culturale, per sollecitare la partecipazione popolare, l’impegno civile e sociale dei cittadini .

Per sostenerli:

https://www.produzionidalbasso.com/project/sostieni-tana-terranova-arte-natura/

@tanaterranovaartenatura e gli hashtag #sostienitana #tanaterranovaartenatura

La Bandiera del Mondo 1+1=3 di Michelangelo Pistoletto e Angelo Savarese a Reggio Emilia.

Intervista di Giacomo Bassmaji in collaborazione con Tommaso Cabassi
SOMMARIO: Arte, Architettura, Multiculturalità, intervista a Luca Vecchi Sindaco della Città del Tricolore

Buongiorno a tutti. Sono Giacomo Bassmaji, curatore dell’istallazione collaborativa “Bandiera del Mondo 1 + 1 = 3” di Michelangelo Pistoletto e Angelo Savarese all’interno di Rigenera – Festival dell’Architettura. Sono con Luca Vecchi, Sindaco di Reggio Emilia per parlare di Arte, Architettura e Multiculturalità.

Giacomo Bassmaji – Buongiorno Luca Vecchi, esattamente 6 mesi fa a Reggio Emilia è stata realizzata la performance “Bandiera del Mondo 1 + 1 = 3” cosa ha significato per la città, che rapporto si è instaurato tra la Città del Tricolore e questo simbolo, quest’opera d’arte?

Luca Vecchi – Buongiorno a tutte e a tutti, credo sia stata un’iniziativa molto importante, con grande partecipazione, che porta con sé un significato culturale e valoriale davvero forte. Molto emozionante il modo in cui è stata collocata nel contesto di questo luogo, nei chiostri benedettini, di San Pietro a Reggio Emilia. È stata una performance molto coerente con l’identità contemporanea, la storia stessa di questa città, il sistema dei valori di questa comunità.
Una performance e un’istallazione che attraverso l’arte e la cultura manda all’Italia e al mondo un messaggio molto potente.

GB – L’arte del Maestro Pistoletto riesce a mandare messaggi etici. Qual è il ruolo, dell’arte contemporanea, in una città di medie dimensioni com’è Reggio Emilia?

LV – La risposta è inequivocabile, la cultura è creatività, è espressione di sapere, è pensiero critico, è dialogo ed è anche capacità di stimolare una discussione pubblica all’interno di una comunità. Quindi è del tutto evidente che quando i luoghi di una città riescono a nutrirsi di arte e di cultura, a beneficiarne non è soltanto la bellezza che già in sé è un elemento fondamentale, nel contesto a volte di una società che rischia di declinare verso dinamiche anche un po’ di degrado, ma soprattutto perché generativo di un processo di crescita civile di una comunità. Credo quindi che da questo punto di vista questa iniziativa è un ulteriore passo in avanti, per una città che ha sempre pensato che l’arte e la cultura debbano rappresentare un po’ una sorta di driver del proprio modello di sviluppo.

GB – Parlando di opera d’arte, Bandiera del Mondo e nell’infisso 1 + 1 = 3 vuole trasmettere l’importanza del sistema collaborativo tra persone. Il messaggio dei due artisti è espressione di dialogo interculturale, rompe realmente i confini geografici e culturali.

LV – Dall’opera di Pistoletto e Savarese credo valga lo sforzo di raccogliere il messaggio che vuole trasmettere, cioè che l’incontro tra le diversità genera una ricchezza e non invece timori e divisioni. L’Opera a mio avviso, ha un significato potente perché trasmette non soltanto un messaggio interculturale e interreligioso, ma fa incontrare le tante diversità del mondo e soprattutto un messaggio di pace. Questo perché noi viviamo in un mondo in cui le diversità sono ogni giorno rappresentate molto più nella loro dinamica di competizione e di contrapposizione. Di rado il mondo riesce a trasmettere un’immagine unitaria della propria diversità, acquisisce ancor più valore questa performance come elemento di coesione, e quindi come messaggio di fratellanza e di pace.

GB – Come Sindaco della Città del Tricolore hai posizionato l’ultima bandiera, quella italiana, insieme a me che ho messo la bandiera di un popolo in guerra, quella siriana. Ciò che dici ha ancora più valore, infatti la città di Reggio Emilia è sempre stata un modello di accoglienza. Il distanziamento fisico che stiamo vivendo può nuocere a questa peculiarità della nostra comunità?

LV – Io credo che al di là del distanziamento tra le persone In questa epoca di Covid, il distanziamento è un fenomeno molto attuale. Quando riflettiamo sulla relazione tra Reggio Emilia e la sua storia e le politiche di dialogo interculturali e tra religioni, io credo che dobbiamo allargare l’orizzonte per ripercorrere la storia, per certi versi anche recente, di una città che negli ultimi 25 anni ha attraversato un processo di cambiamento socio-demografico. Mi riferisco al fenomeno dell’immigrazione, che nell’ultimo quarto di secolo è arrivata a circa il 17% della popolazione residente nella nostra città e che al suo interno include quasi 100 nazionalità. In questo percorso penso che la città poteva esplodere nei presupposti fondamentali della sua coesione sociale e civile. La nostra comunità invece arriva nel 2021 alla fine di un percorso iniziato negli anni 90 del secolo scorso, potendosi presentare al mondo come una città che ha trovato le ragioni della propria unità anche a partire dai concetti di diversità. Recentemente il Consiglio Europeo ci ha inserito in un gruppo di 10 città europee del dialogo interculturale.
Questo vuol dire che la sua dimensione valoriale ha saputo essere virtuosa. Questa è stata l’epoca in cui, dal secondo dopoguerra, l’Europa si è trovata a misurarsi con il concetto di diversità vissuta in modo conflittuale, vissuta come generazione di muri. Questa è l’epoca della cultura sovranista e dell’approccio populista. In questo contesto Reggio Emilia è riuscita a fare argine contro questo tipo di penetrazione culturale e ha saputo diventare sempre più la città dei diritti della persona, i diritti civili e più in generale dei diritti umani, favorendo un dialogo interculturale e interreligioso.

GB – La città di Reggio Emilia ha voluto rigenerare i Chiostri di San Pietro in cui convivono attività sociali e culturali. L’architettura, come può investire per creare nuovi spazi fisici e digitali, per favorire rapporti sociali e culturali?

LV – Oltre quello che abbiamo detto poc’anzi, un altro dei percorsi importanti che la città ha fatto negli ultimi 15 anni, è il modo di ripensare e di rigenerare tanti luoghi e tanti spazi, soprattutto pubblici. È stato fatto sì che la rigenerazione di questi spazi fosse anche una grande occasione di rigenerazione dei legami sociali, nel senso stesso di appartenenza a una comunità.
Per citare alcuni esempi di rigenerazione recente, pensiamo alle tante piazze riqualificate in questa città nell’ultimi 10 anni, pensiamo a luoghi importanti come i Chiostri di San Pietro, o piuttosto a luoghi come la Reggia di Rivalta, di imminente riqualificazione. Luogo importante per la costruzione del modello economico di questo territorio, sono state le ex Officine Reggiane, dove si sta facendo un grande parco dell’innovazione. Ma anche luoghi apparentemente meno noti, come il Binario 49 nella zona stazione. Ne potrei citare tanti altri e potremmo andare ulteriormente più indietro, pensando per esempio quando l’ex fonderia diventa il luogo e la sede della fondazione nazionale della danza o quando invece all’inizio degli anni 2000 i locali dell’ex Locatelli diventano quello che oggi è il centro internazionale Loris Malaguzzi.

Se noi mettiamo in fila tutti questi interventi, vediamo una città che si è trasformata e che ha saputo cambiare grazie anche alla rigenerazione di questi luoghi, portando con sé sempre la ricostruzione dei legami sociali, rafforzando il senso di appartenenza alla città. I Chiostri di San Pietro credo che ne siano anche un po’ il paradigma. Pensiamo al fatto che fino al 2005 questo luogo era un portone chiuso. Un giorno quel portone è stato aperto ed è stato restituito alla città. Da lì è partito un percorso di recupero e di valorizzazione, insieme a tante iniziative culturali e sociali che lo rendono oggi probabilmente uno dei luoghi più belli della città. Se mettiamo insieme il percorso sul dialogo interculturale da un lato e dall’altro il grande percorso sulla rigenerazione urbana dello spazio pubblico che questa città ha compiuto negli ultimi anni, capiamo molto del modo in cui Reggio Emilia ha saputo concretizzare una propria originale e autonoma idea di innovazione dentro la contemporaneità.

GB – La guida Michelin in lingua francese indica Reggio Emilia come la città dell’architettura contemporanea all’interno di un sistema emiliano romagnolo. Gli investimenti citati nella rigenerazione urbana, hanno forse aiutato a portare in città una festa dell’architettura come è stata Rigenera. Questa manifestazione si è voluta anche per ridefinire la funzione e la figura dell’architetto, all’interno di un sistema sociale e cittadino, cosa ha portato alla città questa festa?

LV – Rigenera è stato un festival importante, ricco di iniziative di grande valore e qualità, peraltro organizzato in un’epoca difficilissima. Penso davvero che si debbano fare i complimenti agli organizzatori per essere riusciti a mettere insieme questo festival. Rigenera è stata poi occasione di incontro, ha avuto momenti di interesse collettivo, con molta partecipazione. Credo quindi che meriti un grande riconoscimento, non soltanto locale.

GB – Essendo uno degli organizzatori, confermo la difficoltà, ma al contempo le soddisfazioni sono state doppie. Credo che Andrea Rinaldi, il Presidente dell’Ordine degli architetti, colui che ha portato sulle spalle tutta la responsabilità dell’organizzazione, sarà molto contento di sentire queste parole. Potrebbe diventare Rigenera un appuntamento annuale o biennale a Reggio Emilia?

LV – È una valutazione che devono fare gli organizzatori primariamente, posso dire che l’amministrazione e la comunità, accoglierebbe positivamente la continuità annuale o biennale di questa esperienza. Il mio auspicio è che questo momento, fatto di iniziative e di incontri che hanno messo al centro il tema della città contemporanea con la rigenerazione urbana e gli aspetti valoriali rilevanti come il dialogo interculturale e la performance artistica Bandiera del Mondo, possa continuare a esserlo anche in futuro.


Il mio augurio è rivolto anche a un’altra cosa, che l’ambizione del progetto sia anche quella di riuscire a partire, come sempre in tutti i festival, dal mondo dei professionisti, degli stakeholder di riferimento, da una comunità riflessiva e consapevole su questi temi. Questo per riuscire a essere sempre più capace di coinvolgere la città nel suo insieme per discutere sui temi di attualità. Questa si è veramente una sfida del futuro, perché quando si innova in una città, non è affatto scontato che tutti i cittadini comprendano che riqualificare uno spazio pubblico urbano, sia un presupposto fondamentale per la rigenerazione di un sistema di relazioni. Il fatto che l’architettura parta dei propri temi per cercare di arricchire la società e di farla crescere, è un elemento che può trovare in Reggio Emilia un grande fondamento. Il mio auspicio e il mio incoraggiamento è che gli organizzatori pensino seriamente a proseguire questa esperienza e che possa essere integrato con le caratteristiche della quotidianità della nostra città.

GB – Ringrazio il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi per la sua disponibilità, ringraziamo la città intera perché sa essere una città accogliente non solo con le persone che arrivano da fuori ma anche con i propri cittadini, e gli permette di organizzare eventi e occasioni di dialogo e di dibattito. Io come organizzatore di Bandiere del Mondo, sono stato molto contento di portare un simbolo e un’opera d’arte che sa mettere insieme tutti i popoli del mondo con le loro bandiere, proprio nella Città del Primo Tricolore.

Intervista di Giacomo Bassmaji in collaborazione con Tommaso Cabassi.
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Tommaso Cabassi, Chiara Nizzoli, Emiliano Paolucci e David Rubil.

Enzo Maolucci: una vita di avventure

“Le note in libertà” di un rocker, idolo della cultura giovanile degli anni ’60, ’70, ’80, suonate dalle chitarre elettriche e amplificate da una Torino operaia del secolo scorso, che non era certamente New York ma come dicevano le statistiche di allora “la seconda città del Sud Italia dopo Napoli”, oggi sono diventate le pratiche armoniche e le esperienze di survival del Salgari Campus. L’intervista di Fortunato D’Amico


FDA- Enzo Maolucci: nato, cresciuto, diventato grande artista rock e della parola cantata per la “bella generazione perduta nella via” del secondo millennio, quello che ormai ci siamo lasciati alle spalle, è oggi l’uomo di “survival”. In questo trapasso epocale, dove tutto non è, e non sarà più, come prima, come si è mimetizzato e chi è l’artista rivoluzionario in questo scorcio di terzo millennio?


EM- Mene sono fatto un’idea interessante che però vorrei solo cantare. Se uscirà mai il mio nuovo album “Quand’ero vecchio” lo scoprirete in una delle mie nuove canzoni proprio su questo. Siamo ladri di pensieri e centrifughe di parole, ma siamo l’unica “PRAXICRAZIA” che può salvare il mondo, perché le parole sono profezie e, come le frecce, non tornano indietro.


FDA- Intravedo un senso di ironia in queste parole che hai appena pronunciato, ma d’altra parte intuisco anche che in questi anni, essendoti immerso nella natura del Salgari Campus alla ricerca di nuovi stimoli e percorsi di sopravvivenza, hai certamente maturato una profonda comprensione del rapporto uomo natura, dell’utilità dell’arte, del ruolo suoi praticanti all’interno di in una società contemporanea, sempre più complessa e globalizzata, in rapida e continua trasformazione.

EM- Il termine “arte”, come la parola “sopravvivenza”, ha assunto un significato generico, ormai usurato e poco classificabile. Gli artisti invece credo che si possano distinguere in almeno tre classi diverse che provo a definire utilizzando la mia recente mania per le classificazioni “tassonomiche” in campo non solo biologico e antropologico, ma anche sociale o musicale. a) Gli artisti INNOVATIVI. Sono quelli che spostano davvero orizzonti, o li inventano, o li trovano per caso; quelli che possiedono dunque “originalità” . Ma l’innovazione è rara anche nell’arte, e diventa virale solo un paio di volte ogni secolo (inoltre “il nuovo non è mai bello, mentre il bello non è mai nuovo”). b) Gli artisti CREATIVI. Sono quasi sempre “predatori” e/o trasformatori di idee che sono nell’aria e che cercano di rendere più belle, divulgabili e di successo. c) Gli artisti ARTIGIANI. Sono replicanti di idee altrui o loro. Per questi il talento, la tecnica e la competenza non sono solo valori aggiunti o facoltativi come per gli altri , ma indispensabili per il loro riconoscimento. Tra questi generi esistono ovviamente anche delle ibridazioni. Salgari ad esempio, in campo letterario, è stato solo occasionalmente un innovatore, ma era un creativo e anche un buon artigiano (per necessità).

FDA- Forse hai ragione, ma chi leggerà quest’articolo potrebbe anche chiedersi, indispettito da tanta tassonomia : “ma chi è Enzo Maolucci per dire tutto questo?

EM- La Regina Rossa chiede ad Alice: “Non raccontarmi la tua storia, dimmi chi sei”. E Alice risponde: “Ma io sono la mia storia!”. Siccome non ho mai lavorato un giorno nella vita e me la sono sempre sfangata mettendo a frutto le mie idee, posso anche io bollarmi come “artista creativo”, anche se generico, cioè senza un campo specifico. Sono anche un buon artigiano occasionalmente originale ma, come per Salgari, quello che più mi caratterizza è forse la mia stessa storia. Ho avuto un talento rockettaro sprecato, mi sono sinistrato scrivendo e cantando canzoni, mi sono divertito a fare il professore eretico di lettere e poi di Outdoor a Scienze motorie, ho brevettato un po’ di strumenti fortunati, ho scritto la prima tesi sui Beatles da musicologo mancato, mi sono inventato la sopravvivenza sportiva organizzando gare di successo e diventando Presidente della Federazione Survival, ho coniato neologismi per scherzo ma ora adottati sul serio, ho ideato cocktail fantastici, sono diventato un antropologo da spiaggia per mostre regionali e parchi a tema, sono guarito dal ’68 come anarchico “comunquista”, ho collezionato compulsivamente culture materiali primitive, realizzato ponti tibetani e impianti “eco-dinamici” con tre Guinness dei primati, organizzato spedizioni in Africa, scritto “manuali narrativi”, costruito archi e frecce che tiro solo virtualmente… E quant’altro sanno i pochi che mi conoscono e i molti che mi frequentano.


FDA- Hai una creatività compulsiva. Non è forse una malattia? Ma tra questi infiniti gesti, azioni, opere realizzate e frutto di una creatività incontrollabile, scagliate controvento e tirate a braccio teso come le frecce di un arco, quale pensi abbia davvero colpito il centro dei tuoi bersagli motivazionali?


EM – L’ opera che si è rivelata innovativa e mi ha dato maggior riscontro è il “Salgari Campus” di Torino: 10 ettari di bosco collinare spontaneo in perenne “precarietà disinvolta” e trovato per caso. “Il caso e la necessità” del SALGARI CAMPUS (l’avventura di conoscere, inventare e realizzare). Più di un secolo fa vi passeggiava Emilio Salgari per vederci le sue jungle nere e i suoi pirati (abitava nei pressi e ha deciso di farla finita lì vicino con un harakiri). Anche io per destino sono cresciuto in quella zona e lì ho iniziato da piccolo le mie prime avventure nei boschi. Nel 1989 l’ho riscoperto per caso e ora è frequentato da decine di migliaia di visitatori ogni anno: studenti, survivalisti, manager in team building, famiglie gitanti, eco-architetti, cinghiali, volpi, caprioli, scoiattoli e anatre a mollo nel rio che lo attraversa. E’ un tripudio di olmi, noccioli, querce e castagni autoctoni, ma anche di bambù, ailanti, paulonie e acacie aliene, in perfetta simbiosi caotica a tre chilometri dal centro città e a molte migliaia dall’esotico che ora rappresenta. E’ sotto-nominato “Parco di Ecologia Umana”, per chi sa cosa significa. Vi si tengono stage e corsi di paleo-etnologia, archeologia sperimentale, fitoalimurgia, Outdoor training, Animal Round , Trail Running, meeting scientifici e culturali, visite di istruzione, Surviving, Depriving, Tracking, Tree-climbing, Bushcraft, Eco-orienteering e altre attività emergenti con quelle denominazioni gerundive che esprimono entusiasmo e partecipazione. Tutto questo per riempire uno splendido… NULLA.


FDA- Ma cosa intendi per Nulla? E’ un posto così ricco di vita, di poesia, di ispirazioni selvaggie e poetiche che ti invadono appena pochi metri dal recinto di ingresso…


EM- Sì, è vero: ma intendo dire che non c’è nulla di stabilmente umano, tranne “ogni immaginabile altrimenti possibile”: qualche riparo neo-etnico, ponti e passaggi arborei in corda, attrezzi e labirinti eco-dinamici. Anche le poche e fatali concessioni alle normative obbligatorie, in fatto di servizi, luce e acqua, rivelano un’assertiva precarietà. Il luogo è sottoposto a un incubo di vincoli: paesaggistici, ambientali, idrogeologici e anche “stupidologici” (come le vie di fuga per il piano di sicurezza, mentre questo è un luogo di fuga, non da cui fuggire). Un vecchio piano regolatore l’ha considerata velleitariamente una zona a parco collinare, ma l’unico parco lì esistente è questo, un vuoto geograficamente interstiziale di proprietà della mia Associazione, circondato da ricche ville con proprietari imbufaliti e inclini a ormai inutili esposti. I problemi infatti sono stati acrobaticamente superati da una recente convenzione con la Città per l’uso pubblico dl questo centro, con grande imbarazzo di funzionari zelanti (oltre che nostro) e grazie alla sua fama ormai conclamata e i patrocini ottenuti anche dalla Regione per il servizio formativo, sportivo e ambientale che offre. Il Salgari Campus è impegnativo e costoso per noi, ma non per chi lo frequenta e che, diciamolo pure, ne esce sempre goduto come un fauno e ci ritorna volentieri.

FDA- Il Salgari Campus, forse grazie anche a questa precarietà dell’ Essere Natura, ma anche per essere oggetto e soggetto di inaspettate richieste di cambiamenti, è cresciuto sviluppando in sè una grande resilienza e una pronunciata attitudine all’adattamento, anche alle necessità espresse dagli stessi frequentatori della struttura.


EM- Pur avendolo pensato inizialmente come un campo per soli arcieri e survivalisti, il luogo mi ha suggerito presto l’idea di un parco antropologico antesignano per tutti, che pensavo di poter realizzare in un posto meno critico della nostra angusta Valle di Reaglie. Questa prospettiva ha tenuto l’Assessorato alla Cultura regionale impegnato per 10 anni nel mio “Progetto “Anthropos”, finito poi in un vicolo cieco per il cambio politico e approdato nel 2004 solo a una edizione speciale della la mostra scientifica “Experimenta”, intitolata “SopraVVivere”, che ha esibito tra l’altro il ponte tibetano più lungo del mondo rimasto per tre anni sul Po (375 metri, un’opera di “land art” passata sotto tono solo per via dell’endemico riduzionismo torinese). Ma tutto il progetto ho deciso di farlo ritornare al Salgari Campus, insieme ai pochi materiali e manufatti della mostra che sono riuscito a salvare e sono ancora presenti (una piroga, un labirinto vietnamita, chilometri di funi del ponte e altri cimeli). Così è iniziato il successo.


FDA- Un successo che mi pare abbia avuto tante richieste di replica?
EM – Questo format di “Eco-Campus” l’ho replicato in siti anche più belli in tutta Italia, ma non hanno ottenuto il successo dell’originale (come tutte le copie su commissione). Stiamo ora pensando invece di allargare gli orizzonti del Salgari inserendo al suo interno opere d’arte “site specific” di artisti in linea con l’Agenda 2030 dell’ONU per l’ambiente (una mostra outdoor permanente di “Arte, Natura e Avventura”), ma la prima opera artistica, forse concettuale o “povera”, è proprio il posto in sé, lo sgarruppato fascino che esprime e l’uso meta-disciplinare che ne facciamo con poche risorse ma con “passione, missione e convinzione” (l’unico requisito necessario per chi vuole comunicare, sedurre e coinvolgere il prossimo).


FDA – Oggi in un’Italia percorsa da problemi di ogni genere, non solo economici e ambientali, ma anche sociali e di adattamento, derivati dalla presenza di cittadini provenienti da Paesi stranieri, portatori di diversità culturali, che invece di essere considerate una ricchezza e un arricchimento da condividere all’interno della comunità sono spesso percepite come presenze portatrici di disagi e separazione, Salgari Campus oggi propone un suo modello di pratica comunitaria alternativa e di incontro riportando in primo piano la relazione uomo-ambiente naturale.


EM- Certo che facciamo “inclusione sociale” (e che altro potremmo fare senza un vasto target inclusivo?); certo che aboliamo le barriere (non quelle naturali e di sicuro non quelle architettoniche, ma quelle “mentali”); certo che educhiamo i ragazzi al rispetto dell’ambiente e alle pari opportunità (ma in realtà da noi è l’ambiente che ci istruisce, ci tollera e ci dà opportunità). “L’ecologia si vive, non si insegna”, dice uno dei progetti che abbiamo sviluppato ( “S.A.F.E.” -Salute Ambientale e Formazione Eco-logica”). L’immaginazione non ha bisogno di “servizi” e di “norme”. Il Salgari Campus si trova ai margini dell’impossibile, una sorta di terra di mezzo tra la mente e l’ambiente. Da noi gli intellettuali fanno anche i boscaioli e i boscaioli possono sfoggiare anche intelletto (non è una distopia maoista). Per le varie Associazioni che operano nell’hub del parco ci sono solo 4 imperativi survivalistici da rispettare: “inventare, adattarsi, risolvere complessità sociali e raggiungere lo scopo”.


FDA- Potresti dare una definizione di Survival coerente con le pratiche operative che svolgete a Salgari Campus?

EM- Il Survival per noi è una meta-disciplina olistica e proattiva, è scienza del pericolo (“supervivitur, sic vivitur” è il mio motto latino apocrifo). Non riguarda Rambo, ma la salvaguardia di individui, gruppi e comunità umane, inclusa la specie stessa e le sue culture materiali e cognitive (soprattutto quelle basiche e primitive). Chi non mi vede da 40anni si stupisce di questa mia svolta che sembra inedita o solo amatoriale, data la mia prediletta e nota vocazione a vivere in un attico di Manhattan. Ma il fatto di preferire gli antromi ai biomi e gli adulti ai bambini non mi ha esentato da un successo imprevisto proprio in questo campo per me alieno e serendipitico. Ho sempre sostenuto che la “natura” non esiste (al di fuori di noi che ne facciamo dannatamente parte) e che i bambini sono gli esseri più crudeli e insopportabili (lo so perché lo sono stato anch’io e lo sono ancora come tutti gli artisti). Eppure con loro ho sempre convissuto, appagandomi anche della loro esistenza, senza adattarmi a “comprenderli” ma cercando invece di capirli e riconvertendomi per relazionarmi con loro in modo utile e proficuo, per loro e per me (nell’evoluzione questo si direbbe “exaptation”). Anche se la “natura” e i bambini non mi divertono, vado sempre in Africa (che ne è piena) perché mi insegnano sempre qualcosa che non so, al contrario del mondo più strettamente umano ma inutilmente pensante (colto o ignorante che sia).

“ I COMANDAMENTI DI EMILIO ” (all’ingresso del suo Campus)
Fratelli e sorelle della costa, tigrotti del bosco e dell’avventura, siate i benvenuti.


1- Muovetevi leggeri, qui non ci sono aiuole che è vietato calpestare, ma la terra che calpestate è antica, come antica è la terra.

2- Non lasciate qui nulla di ciò che avete portato.

3- Non portate via nulla di ciò che è stato lasciato.

4- Questo luogo e la sua storia sono sopravvissuti come noi ai limiti della fantasia e ai margini della follia: godetene senza offenderli.

5- Rispettate le creature che lo abitano e le loro modeste creazioni: il nido del picchio, la tana del tasso, i ponti e le capanne di noi umani.

6- Condividete liberamente con noi e tra voi ogni presenza.

7- Toccate, esplorate, gustate ogni cosa e sentitevi bene.

8- Parlate quando vi piace, ma tacete quando le parole non servono e sappiate ascoltare.

9- Usate come sole armi i vostri talenti, come attrezzi i vostri pensieri, come veicoli i vostri corpi.

10-Gioite se tutto ciò può ancora esistere e rendete grazie di poter esistere per vederlo.

(Apocrifo di Emilio Salgari, nato a Verona nel 1862 e qui suicida il 25 aprile 1911)


Nell’arco della vita siamo noi le frecce: prima ci libriamo veloci con le nostre speranze e poi scendiamo lentamente, sotto il peso dei ricordi”

Enzo Maolucci – Torino, 30 gennaio 2021

Campus Party con Celeste Righi Ricco

” Campus Party, la più grande esperienza di innovazione e creatività al mondo per under 30, lancia Campus Party Spotlight, un format globale e totalmente digital incentrato su circolarità, sostenibilità, climate action ed energia pulita. Sul Main stage ci saranno decine di speaker internazionali, tra cui giovani leader che parleranno del ruolo che i giovani ricoprono nell’ assicurare una transizione sostenibile all’insegna dell’innovazione. Celeste Righi Ricco parteciperà all’evento come co-fondatrice e rappresentante dell’associazione Pensare Globalmente Agire Localmente, affiancata da Irene Ghaleb, vice presidente di Change For Planet, e Davide Paturno, presidente di Social Innovators. Seguiteci il 28 Gennaio dalle 19 alle 20 pm. ” Link:  https://spotlight.campus-party.org/agenda/

L’Arte del futuro

Che futuro inventerai?


Le questioni sollevate dai pronomi interrogativi “che, quale, quando, chi…”, soprattutto se stimolate per dare risposte individuali ad atteggiamenti condivisi all’interno di una comunità, mi mettono sempre in imbarazzo perché presuppongono risposte che spesso gli interlocutori non forniscono in maniera ponderata.
Tuttavia, l’evoluzione, l’antropizzazione del pianeta e, più in generale, il dialogo tra gli esseri, come insegna la storia della filosofia, si costruiscono sull’alternanza tra domanda e risposta. Due modalità che si alternano per dare ordine alla creazione e che è evidente anche nel segno del Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto, così come negli Specchi.
Se al convivio dei partecipanti in cui la nascente umanità pose a se stessa la prima domanda erano presenti Adamo, Eva e il Serpente, il quale prospetto le prime soluzioni all’interrogazione, il morso della mela fu “la prima risposta” risolutiva data per colmare le richieste dei nascenti bisogni del genere umano. Una risposta che determinò il passaggio dal Primo Paradiso al Secondo. Le domande costruiscono il futuro e il morso della mela inaugura un futuro che avrebbe visto l’umanità evolversi verso l’arte di fabbricare gli artifici avvicinandosi, in tal modo, ad un potere creativo quasi divino. Possiamo quindi rintracciare in questo particolare momento della storia mitologica a cui segue l’episodio della cacciata dal Paradiso Terreste, l’inizio in cui ha origine l’invenzione del futuro e il Secondo Paradiso.

Le domande presuppongono un cambiamento di direzione, un’alternativa alla situazione presente. Nuove domande sono lo specchio di rinnovati bisogni e trovarvi risposta produce nuovi progetti, oggetti e atteggiamenti.
Nella grandiosa capacità creativa nascosta negli interrogativi troviamo anche la ragione dell’inquietudine che essi generano. Appare chiara, di conseguenza, la necessità di evitare risposte impulsive o egoiste, che sanno soltanto disegnare futuri populisti e iniqui.
In altre parole, progettare il futuro affidandosi alle risposte di chi si appresta a risolvere un interrogativo problematico senza dar voce a un pensiero razionale, ponderato e orientato all’equilibrio, è il primo rischio di un’impresa affatto semplice. L’invenzione del futuro è il compito più complesso che la collettività ha affrontato lungo il percorso della sua evoluzione. Le visioni dei singoli individui devono incontrarsi e interagire con quelle di altri milioni di scenari disegnati osservando il mondo da punti di vista prospettici differenti. L’elaborazione di ognuno di essi, in cui sono identificati i nuovi ruoli delle persone,  presuppone un distaccamento tra l’io del presente e un “prossimo io” scaraventato in uno scenario temporale che deve ancora venire.
Quando il tentativo di mediare tra le diverse prospettive individuali fallisce, si apre lo spazio del conflitto e dello scontro, si dà inizio alle azioni di guerriglia per sconfiggere il nemico, contro colui che ha progettato un futuro diverso dal nostro.
Alle teorie filosofiche e scientifiche, così come alla ricerca sul senso del divino, spetta l’onere di colmare il vuoto tra il presente e il futuro immaginato. Strumenti concettuali raffinati hanno l’incarico di proiettare la prospettiva degli ideali futuribili sulla linea di accadimenti inediti, ancora da progettare e costruire. Un obiettivo a lungo termine, quindi, che per la sua realizzazione coinvolge diverse generazioni, stimolate a muoversi verso un orizzonte che si allontana ogni volta un po’ più avanti ogni volta che si cerca di raggiungerlo e che per questo costringe i contemporanei ad un continuo adattamento delle prospettive visionarie.

Tanto più il futuro progettato si avvicina, diventando presente, tanto più si mantiene fissa la distanza degli orizzonti  ideali, tanto più lontana si spinge l’immaginazione e con essa la sua elaborazione filosofica, scientifica, religiosa. Un processo di costruzione che si svolge nel tempo e che si riflette nel percorso di riflessione, prima individuale e poi collettiva, di Michelangelo Pistoletto, avviato dallo Specchio, transitato dal Terzo Paradiso e approdato alla Mela Reintegrata.
Che, quale, quando, chi…”, pronomi interrogativi promotori di un futuro sfuggente, che scivola via subito dopo che il compimento di un gesto, come un sorriso che lo specchio è riuscito a registrare per un’infinitesimale frazione di tempo. Un solo attimo attraverso il quale ci rendiamo conto che  il Terzo Paradiso, una combinazione equilibrata del tempo passato e del futuro, è già qui presente. Il Terzo Paradiso è il presente. Comprendiamo che è qui e ora che dobbiamo praticare il futuro. Più allontaniamo il futuro dal nostro “fare” presente, più il futuro si trasforma in uno spazio troppo grande da colmare e smette di appartenerci. Questa deduzione ci permette di affrontare con lucidità le trasformazioni in atto, rendendoci consapevoli della possibilità che ciascuno di noi ha di partecipare per migliorare il proprio presente e quello degli altri e di interagire, in questo modo, con il futuro che si consuma istante dopo istante è che sembra irraggiungibile.Partecipare consapevolmente è attivamente al proprio presente è anche il rimedio migliore per contrastare il pessimismo verso l’avvenire.
Per quanto mi riguarda, come regola per orientarmi nel  “fare” presente ho adottato, insieme ai principi del Terzo Paradiso,  l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e i suoi 17 obiettivi di sostenibilità. Milioni di persone stanno già facendo la stessa cosa in tutto il mondo. Sono convinto che condividere obiettivi comuni sia un po’ come suonare in una jazz band: una volta individuate le note della linea melodica iniziale il brano si costruisce e si sviluppa insieme,  attraverso variazioni al tema apportate con linguaggi timbrici, strumenti diversi, e la libertà di ognuno dei jazzisti di esprimersi tenendo fermi pochi vincoli necessari allo sviluppo della composizione. Tutti insieme alla fine della performance saranno consapevoli di avere suonato della buona musica prodotta grazie al contributo di ognuno.

Fortunato D’Amico

Tratto da Arte dell’equilibrio / Pandemopraxia cliccare qui.


Il Terzo Paradiso e il Carosello Storico dei Carabinieri.

Articolo di Francesco Saverio Teruzzi, pubblicato nel 2017 sul Blog di approfondimento di Fortunato D’Amico CULTURANATURA, La Stampa.

5 giugno 2017, 203° Annuale di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri, presenti le maggiori cariche dello Stato Italiano.
Il 4° Reggimento Carabinieri a Cavallo ha da circa venti minuti fatto il suo ingresso sulla sabbia del campo della Caserma di Tor di Quinto, intitolata alla memoria del Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto.
L’incedere dei cavalieri è imponente, abile, dimostrazione di una maestria che si fonda sulla storia del Reggimento, ultimo interamente montato delle Forze Armate Italiane.
La “carica”, evocativa di Pastrengo, che di fatto è il culmine del Carosello Storico, deve ancora avvenire, e Briciola, la mascotte, è ancora su un lato insieme alla Fanfara del reparto.
Cambio di musica, Somewhere over the rainbow, preparazione di una nuova figura. Figura inusuale per un reparto d’armata, il Terzo Paradiso, quando ci si aspettava la composizione del numero dell’Annuale, il 203, come da tradizione.
Lo speaker ufficiale annuncia l’innovazione, un gesto socialmente e responsabilmente importante, una decisione presa dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Tullio Del Sette, che sembra andare incontro alle parole appena pronunciate dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti, che ricordava come la divisa e la persona fossero un tutt’uno nell’essere carabiniere, umano, sensibile, equo, coraggioso.
Due minuti e trenta secondi, tanto è durata, artisticamente parlando, la performance.
Due minuti e trenta secondi per me di forte emozione, che mi hanno riportato ai giorni in cui avevo lavorato alla realizzazione dell’Opera di Michelangelo Pistoletto situata al centro della Caserma, sotto i pennoni delle bandiere; ma anche a quando ero bambino e il Maresciallo Cucca era nostro vicino di casa ed io completamente irretito dalla sua divisa; al 5 maggio 2012, quando un tragico incidente ha portato via, insieme ad altre 4 persone, mio cugino Roberto Arioli, presidente dell’Associazione Carabinieri di Aprilia, mentre era diretto a un raduno dell’Arma a Jesolo; al rassicurante incontro con il Comandante della Stazione di Albano Laziale, sempre presente sul territorio.
Due minuti e trenta secondi, un lasso di tempo durante il quale, dati 2016, l’Arma dei Carabinieri avrà contemporaneamente: ricevuto 30 richieste di aiuto, effettuato 21 controlli, identificato 77 persone e 57 veicoli, iniziato un servizio di soccorso e completato più di un servizio di ordine pubblico, denunciato più di due persone e di queste ne stanno arrestando una, sequestrato un furgone di merce pericolosa alla salute pubblica, iniziato un’investigazione scientifica, recuperato un oggetto di rilevanza artistica, attivato un controllo sul tema ambientale, monitorato una persona per matrice terroristica, confiscato 10.000 euro per mafia.
Due minuti e trenta secondi, in cui il Terzo Paradiso entra nella Storia dell’Arma dei Carabinieri, mentre quest’ultima si conferma pare integrante e culturalmente rilevante del concetto Trinamico e della Demopraxia (il fare del popolo), in prima linea nella realizzazione di un equilibrio tra organizzazione pubblica e vita privata, tra società e singoli.

Foto Pierluigi Di Pietro | Video Francesco Saverio Teruzzi