Weak Links

Articolo di Francesco Saverio Teruzzi

Luca Lagash, Carlo Ratti e Will Smith. Artista e musicista il primo, affermato architetto il secondo e tra gli attori più conosciuti al mondo il terzo. Cosa hanno in comune tra loro? Questo articolo. Luca Lagash l’ho conosciuto telefonicamente, anni fa, quando con il Collettivo OP sembravano crearsi le condizioni per un’operAzione Terzo Paradiso se non ricordo male nelle Marche. Non se ne fece nulla, ma rimanemmo in contatto e, lo scorso anno, Luca accettò di partecipare a una mia idea, la Lectio Marginalis, al Macro Asilo di Roma, a “margine” del concerto dei Marlene Kuntz, di cui è il bassista, che si sarebbe svolto il giorno dopo a Roma. Circa un’ora e trenta (potete vederla qui) di conversazione, tra arte, musica, schemi ed idee, in una collaborazione che successivamente abbiamo rinnovato con un articolo di Luca per Pandemopraxia | L’Arte dell’equilibrio, contenitore di proposte e azioni per il post Coronavirus, pubblicato sul Journal di Cittadellarte (per l’articolo cliccare qui). Partendo dall’attuale lavoro che il Collettivo OP sta realizzando, Uno di Un Milione, Luca introduce il tema della ramificazione delle azioni isolate come agente scatenante di relazioni, esperienze, costruzioni di nuovi saperi e collezione di antichi e recenti saperi. La pandemia? Un doppio vero problema, come malattia certo, ma anche come elemento deleterio: alle relazioni sociali, alle mappe esperienziali concrete, ai nuovi orizzonti creativi. Luca, con il suo articolo, mi introduce ai weak links, ai collegamenti deboli, e di fatto mi presenta Carlo Ratti. Carlo Ratti, architetto e ingegnere, insegna al mitico MIT, Massachusetts Institute of Technology, di Boston ed è ritenuto una delle 50 persone in grado di cambiare il mondo. Carlo Ratti ha recentemente affermato che se ora tutto il mondo è in stand-by, è dalle Università che bisogna ripartire e le stesse devono accogliere la richiesta di rinnovamento, in prima persona. Con il richiamare alla necessità di sostituire le aule con i laboratori Carlo Ratti introduce il tema dei weak links, scambi e interazioni tra studenti e tra studenti e docenti che provenendo dalla casualità dei nostri incontri divengono importantissimi nel creare imprevisti, innovazione, creatività. In un’ottica di smart cities questo mi ha riportato alla mente una scena di un film del 2004, Io, Robot, di Alex Proyas con interprete principale Will Smith. Avveniristico e fantascientifico, ambientato in una vera e propria super smart city del futuro, racconta del tentativo, non spoilero, di avvicinare sempre più il robot, la macchina, all’uomo. In uno dei passaggi, Will Smith ritrova dei vecchi modelli di robot in un container e, questa la deduzione filosofica, non sono sparsi per lo stesso, ma tutti raggruppati in un angolo, quindi portatori e conoscitori di concetti alla base dell’umanità: la paura e la necessità di comunità. Weak links, paura e comunità. Cosa ci sta succedendo? Possiamo non riconoscerci più in quello che eravamo? Oppure, possibile che non sapevamo cosa eravamo? Nel momento stesso in cui ci hanno tolto la prossimità, gli anelli deboli si sono spezzati e così il nostro senso civico e della morale, c’è stato un inasprimento dei giudizi, delle sentenze, delle condanne da web e il momento della caduta sembra più prossimo a una ricaduta che a una riscossa. Cito Carlo Ratti che cita l’ex sindaco di Chicago, Emanuel Rahm: «non lasciare mai che una crisi vada sprecata». Delle due l’una: o approfittiamo della nuova flessibilità e della riscoperta di avere un proprio tempo per riorganizzare e rinnovare la società, oppure… no, dai cazzo un oppure no! I weak links, i collegamenti deboli, diventano così fondamentali, necessari, così come fondamentale e necessario ne è il loro rispetto. Perché, in assoluto, il collegamento debole, sporadico ma di prossimità, è il contatto con l’altro. L’ALTRO generico, non definito, diverso, differente, l’altro che per l’altro sei tu. Non deve essere, quindi, la paura a renderci succubi e assertivi, ma il rispetto, il senso di responsabilità, il capire che l’applicazione di alcune regole non è per paura, ma per tornare prima a una, speriamo però nuova, normalità. Economicamente non è il problema di pochi o tanti, è il problema di tutti, e se io voglio che si possa poter tornare a parlare di crescita economica, distribuzione delle risorse e, per dire, viaggi e vacanze, lo si potrà fare soprattutto attraverso strumenti (mascherine, igienizzanti, distanziamenti, ecc.) simbolo di una regolamentazione che ci permetterà di tornare a lavorare tutti, tutti e non solo io… o tu. Rispetto, responsabilità e comunità, queste le parole chiave del durante Pandemia. Innovazione, rispetto, responsabilità e comunità, queste le parole chiave del post Pandemia.

Covid 19. Silvio Garattini intervistato da Fortunato D’Amico

Silvio Garattini, Presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, risponde alle domande di Fortunato D’Amico in merito alle emergenze determinate dal Covid 19 e alla riorganizzazione del Sistema Sanitario, in relazione anche ai prossimi eventi epidemici provocati dalla globalizzazione

Dal conflitto al dialogo generativo. Silvia Vercelli

Come anticipato nel precedente articolo “Educare alla leadership collettiva”, dedico un contributo specifico al tema della trasformazione del conflitto in uno scambio generativo, traendo ispirazione dal simbolo del Terzo Paradiso

L’esempio che segue fa riferimento aduna sessione di coaching di gruppo* erogata in modalità virtuale ad un gruppo internazionale di giovani team leader, all’interno di un programma di sviluppo delle competenze di leadership. Per facilitare la comprensionee la fruibilità, introduco brevemente gli elementi chiave di riflessione, per poi passare ad un paio di esempi pratici. 

Immaginiamo un mondo … dove questi princìpi vengano applicati nella realtà quotidiana di ciascuno e tutti abbiamo acquisito le competenze per vedere nella diversità dell’altro una risorsa, unica, a cui attingere.

(*) Per coaching di gruppo si intende un percorso di sviluppo delle competenze su un tema specifico, rivolto adun gruppo di persone di pari livello nell’organizzazione, che, guidati con un approccio maieutico, fanno emergere il proprio potenziale individuale grazie alla rete di relazioni che si viene a creare.

Cinema Mon Amour. Roberto Bessi

Roberto Bessi, produttore e direttore di produzione, noto per Ladyhawke (1985), Minotauro (2006) e I predatori dell’anno omega (1983) discute con Andrea Felice e Fortunato D’Amico attorno ai temi dell’universo cinematografico contemporaneo e ai cambiamenti strutturali che hanno attraversato questo settore produttivo negli ultimi decenni

Anna Laura Orrico. L’Italia della cultura

Silvia Baldina intervista il sottosegretario al MIBACT Anna Laura Orrico.
La parlamentare discute delle inizitive previste dal Governo italiano per il rilancio del settore culturale e turistico post covid, ritenuto uno dei comparti trainanti delle politiche economiche del Paese Italia

Le Metamorphosis di Ercole Pignatelli

Carlo Motta, responsabile Editoriale Giorgio Mondadori, Fortunato D’Amico, curatore artistico, incontrano l’artista Ercole Pignatelli. Un’occasione per presentare “Metamorphosis”, una biografia critica dedicata all’artista leccese e uscita in questi giorni per l’Editoriale Giorgio Mondadori. Il racconto di Ercole Pignatelli si insinua negli ultimi sessantacinqueanni della storia dell’arte italiana, e restituisce al lettore una visione generale attraverso aneddoti, racconti e storie inedite vissute dal protagonista con i suoi compagni d’arte

I segreti dell’Antartide

Celeste Righi Ricco, Responsabile Relazioni Internazionali di Pensare Globalmente Agire Localmente, intervista la giovane chimica Giuditta Celli.
Un viaggio in Antartide raccontato da una giovane ricercatrice, che ci svela i segreti che i ghiacci hanno racchiuso dentro di sé per millenni. I cambiamenti climatici sono reali, ed in parte, noi umani ne siamo responsabili

Da “Andare a scuola” a “Fare scuola”. Un dialogo tra Giulio Ceppi e Fortunato D’Amico

Giulio Ceppi, Architetto, docente del Politecnico di Milano, Membro della Commissione Ministero Istruzione, dialoga con Fortunato D’Amico sull’opportunità di rigenerare l’istituzione scolastica come strumento di riorganizzazione sociale, ambientale, economica, in funzione dei nuovi comportamenti post Covid19

Giacomo Bassmaji intervista Matteo Pellegrini di Legacoop Emilia Ovest

Matteo Pellegrini, reponsabile Area Economico Finanziaria – Innovazione – Internazionalizzazione presso Legacoop Emilia Ovest, intervistato da Giacomo Bassmaj, racconta l’impegno di Legacoop verso l’Agenda 2030.
L’impegno è accrescere la consapevolezza del rispetto ambientale e sociale, valorizzando produzioni in cui la preponderanza ambientale assume un valore rilevante. Durante i mesi del Covid 19, Legacoop ha promosso riconversione produttiva di 12 cooperative, disclocate in Veneto, Emilia Romagna, con appendici in Calabria e in Sicilia, per realizzare mascherine in materiale naturale e riutilizzabile, diverse rispetto a quelle in distribuzione del tipo “usa e getta”.

Educare alla leadership collettiva

Autore: Silvia Vercelli

“4.4 Entro il 2030, aumentare sostanzialmente il numero di giovani e adulti che abbiano le competenze necessarie, incluse le competenze tecniche e professionali, per l’occupazione, per lavori dignitosi e per la capacità imprenditoriale”

La prima volta che lessi questo target relativo all’obiettivo n.4 dell’agenda 2030, mi trovavo nel mezzo di un dilemma etico: da un lato la mia collaborazione continua con aziende multinazionali orientate prevalentemente al profitto e allo sviluppo del capitale economico, dall’altro i miei valori, più vicini invece ad un’altra forma di capitale, quello umano.

Da un lato la mia preparazione ingegneristica che ben si integrava con il contesto lavorativo di cui sopra, dall’altro le mie competenze complementari di coaching che mi facevano chiaramente vedere l’assenza delle condizioni ideali per la realizzazione del potenziale di ogni persona. E nel mezzo di questa profonda disconnessione il mio ruolo, a interfacciarsi con tutti gli attori coinvolti nel dilemma. Curiosa coincidenza, non vi pare?

Oggi, a distanza di quasi cinque anni, sento di aver compiuto un passo importante nella direzione indicata dal target di cui sopra.

Come?

Grazie all’opportunità di erogare un programma di coaching di gruppo, destinato a più figure dell’organigramma aziendale, incentrato sulla leadership e sull’approccio maieutico come competenza fondamentale nello stile manageriale, avente l’obiettivo ultimo di creare uno spazio di co-creazione e apprendimento reciproco, dove tutti i componenti del sistema possano esprimere il proprio potenziale individuale e collaborare in maniera efficace all’innovazione e alla realizzazione collettiva del futuro.

Opportunità che io stessa, nel tempo, ho contribuito a creare, attuando in primis un cambiamento nel senso della “resilienza trasformativa”. Passaggio chiave che ci propone Enrico Giovannini, nei suoi interventi sull’Agenda 2030, per poter rimbalzare in avanti, anziché avere fretta di tornare indietro ad una “normalità” che non era basata su un modello equilibrato e sostenibile.

Pensare globalmente, Agire localmente”: l’immagine delle dinamiche ideali per il funzionamento e la sostenibilità del sistema aziendale, nel suo complesso e a livello globale, mi era ben chiara, ma i miei tentativi di intraprendere azioni a livello locale in tale direzione incontravano muri di incomprensione. 

Alla continua ricerca di una risposta al mio conflitto interiore e alla domanda su quale percorso di trasformazione avrei dovuto avviare, mi è venuto così  in aiuto Tsunesaburō Makiguchi, grande educatore e filosofo giapponese, con la sua teoria del valore, sintetizzabile nella formula “guadagno, bene e bellezza”; un individuo può creare valore solo nel momento in cui intraprende azioni che vanno a soddisfare tutti e tre questi criteri insieme: ricercando un beneficio rispetto ai propri valori individuali, contribuendo al benessere collettivo e ottenendo un appagamento a livello personale.

Solo reagendo “in relazione” ad una situazione che ci ostacola si possono creare le condizioni per una trasformazione dell’ambiente e per creare valore per chi ci circonda. Se ci si limita a vederla come un “oggetto” esterno a noi, il risultato è l’immobilità.

Eureka ! La mia posizione si è finalmente spostata dal giudizio verso chi considera unicamente il capitale economico all’osservazione più profonda del mio capitale umano,  dove ho potuto scovare quelle competenze e talenti da mettere in campo per contribuire in modo costruttivo all’intero sistema aziendale e individuare di conseguenza le azioni da intraprendere in tale direzione: dall’entrare a far parte di una rete esterna di coach professionisti da cui poter attingere prospettive e strumenti nuovi attraverso un confronto costruttivo, all’approfondire la correlazione tra stili di leadership, clima aziendale e risultati finanziari, da cui sono fortunatamente emersi dati rassicuranti sul ritorno sull’investimento nel lungo termine e, infine, all’individuare il terreno più fertile in cui avviare la semina di una modalità di apprendimento efficace e rivolta a più livelli e a più funzioni organizzative. 

Otto Scharmer, nella sua teoria U, ci guida, a questo proposito, ad aprire gli occhi sul fatto che la maggior parte delle attuali metodologie di apprendimento nelle organizzazioni dipendono dall’imparare dal passato, mentre le reali sfide di leadership di oggi richiedono l’esatto opposto, ovvero di lasciar andare il passato al fine di collegarsi alle possibilità del futuro che emerge. Passando così da un ego-sistema a un eco – sistema, dall’IO al NOI.

Fonte: Teoria U – I Fondamentali – Principi e Applicazioni. C.Otto Scharmer, Ed. Guerininext

Anche qui si parla di trasformare noi stessi per primi in un veicolo per il futuro, connettendosi alla propria sorgente più profonda di creatività e abbandonando schemi di pensiero e comportamenti che non funzionano più nel sistema attuale.

All’interno del programma di coaching sulla leadership così definito, si integra perfettamente il simbolo del “Terzo Paradiso”, come immagine a supporto delle attività di creazione collettiva e della trasformazione del conflitto in dialogo generativo. Su questo tema specifico condividerò un esempio di applicazione pratica nel mio prossimo contributo.

I network inter – funzionali che si vanno a costituire rappresentano nel tempo una preziosa risorsa per l’azienda nel contribuire con continuità a creare una cultura aziendale orientata all’innovazione e alla responsabilità collettiva nell’influenzare positivamente le decisioni aziendali, anche laddove non se ne ha il pieno controllo. Ciò si riflette di conseguenza anche sull’ambiente circostante e, in ultimo, sulla responsabilità sociale.

Il periodo di lockdown ha aperto in questo senso un’ulteriore possibilità, quella di dimostrare che un format di erogazione interamente adattato all’interazione virtuale funziona a tutti gli effetti e può consolidare la continuità del programma in un’ottica di sviluppo sostenibile e aprendo l’espansione dei confini delle stesse reti di leader verso un ambito di respiro internazionale.

Per chiudere, propongo una riflessione sull’importanza della trasformazione interiore e della creazione di unità, come princìpi presenti non solo nell’ambito di quanto condiviso in questo articolo, ma che ritornano costantemente in tutte le attuali teorie che parlano di creazione di un futuro migliore per la nostra generazione e per quelle future.

«Il futuro è molto aperto, e dipende da noi, da noi tutti.                                    Dipende da ciò che voi e io e molti altri uomini FANNO E FARANNO, oggi, domani e dopodomani.                                                                                  E quello che noi facciamo e faremo dipende a sua volta dal nostro PENSIERO e dai nostri DESIDERI, dalle nostre SPERANZE e dai nostri TIMORI.                   Dipende da come VEDIAMO IL MONDO e da come valutiamo LE POSSIBILITÀ DEL FUTURO che sono aperte».                                                                                                    (Karl Popper)